“Il terzo educatore”: progettare e costruire una scuola di qualità

Il concetto di “terzo educatore” (“The Third Teacher”, come viene definito in un famoso libro pubblicato negli Stati Uniti nel 2010) è molto diffuso nella scuola e ha assunto nell’ultimo periodo un’importanza sempre maggiore, diventando oggetto di studio e di analisi.

Cosa si intende con questa dicitura?
Semplicemente la struttura dell’edificio scolastico, l’ambiente in cui si sviluppa l’apprendimento. In altre parole gli spazi, le aule, i laboratori, i corridoi, la forma materiale dell’edificio, i colori delle pareti, la qualità dell’illuminazione, gli arredi, il contesto in cui è collocato: tutto questo crea l’ambiente dove lo studente apprende, vive, fa esperienze, entra in relazione con gli altri. Il “terzo educatore”, quindi, gioca un ruolo decisivo nel determinare la qualità degli apprendimenti.

Questo concetto è molto chiaro nei Paesi del Nord Europa, che in questi ultimi anni hanno investito ingenti risorse nel rinnovare gli spazi e le strutture degli edifici scolastici. Le scuole moderne sono pensate come ambienti di apprendimento innovativi, all’avanguardia e a misura di studente.

Ma da noi com’è la situazione?
Va detto che l’interesse per l’importanza che rivestono le strutture scolastiche nell’innovazione didattica è in crescita, soprattutto tra docenti e dirigenti. C’è anche una forte consapevolezza, da parte di molte amministrazioni locali, riguardo la necessità di rinnovare gli edifici scolastici.
Va aggiunto che da parte del governo c’è un preciso impegno, non solo nel rendere sicuri gli attuali edifici, ma anche nell’investire risorse per la costruzione di nuove strutture. Nell’ultimo Decreto urgente per la scuola, varato il 9 settembre scorso, il Governo si è assunto l’impegno a muoversi per reperire, a livello Europeo, risorse finanziarie per la costruzione di nuovi edifici scolastici. Nel 2012 il Ministro Profumo ha messo a disposizione 38 milioni di euro di fondi immobiliari per la costruzione sperimentale di nuovi edifici scolastici con Comuni e Provincie.

Un dato appare certo: c’è piena consapevolezza della necessità di investire risorse, non solo da destinare alla manutenzione ordinaria e straordinaria degli edifici scolastici, ma anche alla costruzione di edifici innovativi in linea con i nuovi modelli pedagogici.

Ma qual è lo stato del nostro patrimonio di edifici scolastici?
In Italia gli edifici scolastici sono circa 43.000; dai dati statistici emerge una situazione estremamente variegata, che mette in evidenza l’assenza di una politica di investimenti per la costruzione di nuovi edifici.
Dai dati forniti dal Ministero della Pubblica Istruzione, il nostro patrimonio edilizio risulta composto dal 44% di edifici costruiti tra il 1961 e il 1980, da un 4% costruito prima del 1900 e da un 52% di edifici in affitto e altri costruiti prima della seconda guerra mondiale.
Il punto è che non risulta conveniente ristrutturare questi edifici, non solo per gli alti costi, ma anche perché costruiti su un modello culturale superato. Le strutture risultano scarsamente innovative, spesso mutuate da caserme e ospedali, corrispondenti a un modello a forma di pettine, basato su lunghi corridoi dove, ai lati, si apre una sequenza di aule, uguali tra loro, di forma quadrata o rettangolare. Questo impianto è funzionale a una didattica di tipo lineare incentrata esclusivamente sulla trasmissione delle conoscenze.

Invece, riteniamo che la costruzione di nuovi edifici scolastici dovrebbe basarsi su “un’idea nuova di scuola” che metta al centro lo studente e punti a sviluppare un apprendimento di tipo olistico basato sull’integrazione delle conoscenze e dei saperi. Per questo la progettazione di nuovi edifici deve basarsi su uno stretto collegamento tra spazi e didattica, finalizzato a creare ambienti di apprendimento flessibili e modulari.

In questo quadro le linee guida per la progettazione di una nuova architettura educativa dovrebbero basarsi su cinque principi.

1. L’Aula Polivalente Multimediale. È necessario superare il concetto attuale di aula, che si basa su una didattica della trasmissione delle conoscenze. Si tratta di pensare quindi a uno spazio aperto e flessibile, potenziato attraverso l’aggregazione modulare, ottenuta con pareti mobili. Parliamo, cioè, di un’aula laboratorio, dove sia possibile costruire ambienti di apprendimento innovativi, adottare metodologie didattiche differenziate, incentrate sulla partecipazione attiva dello studente, basate sulla lezione frontale/interattiva; su attività di gruppo e di ricerca individuale.

2. I Laboratori. Centrale è il potenziamento e lo sviluppo dei laboratori. È qui, infatti, che lo studente, acquisisce le competenze operative. In particolare è necessario operare su due fronti:
– potenziare i laboratori di base per favorire l’integrazione delle competenze trasversali;
– potenziare i laboratori specialistici di produzione, centrali per sviluppare un rapporto di collaborazione sistemica tra scuola, profili professionali, imprese, mercato del lavoro, ricerca e innovazione.

3. Gli Spazi per gli studenti. Nella scuola ci devono essere spazi specifici che permettano lo scambio e la socializzazione tra gli studenti al di fuori dell’attività di apprendimento. Bisogna partire dall’idea che lo studente è una risorsa portatrice di conoscenze, di emozioni, di relazioni; non solo una testa da riempire dall’alto. Si tratta di pensare a spazi dedicati agli aspetti ricreativi, attrezzati per la socializzazione, lo studio, il relax e il potenziamento della creatività.

4. Gli Spazi per gli insegnanti. Nel nuovo ambiente di apprendimento deve essere centrale lo spazio per gli insegnanti che non sia solo la classica aula dei docenti. È necessario uno spazio che rafforzi l’identità professionale del docente, che lo faccia stare bene e che lo invogli a passare più tempo a scuola. Questi spazi devono essere pensati per dare all’insegnante un luogo per lo studio, per l’ascolto e per la relazione con gli studenti e i genitori.

5. Scuole aperte. È importante costruire scuole aperte, che siano un punto di riferimento per il territorio; “civic center” non solo per le attività di apprendimento, ma anche per attività formative, ricreative e culturali da svilupparsi in una struttura aperta l’intera giornata. L’idea è quella di una scuola che faccia sistema, faccia rete e che favorisca i processi di integrazione nel territorio.

È partendo da questi elementi che può emergere una nuova idea di scuola aperta, flessibile, adattabile a un’organizzazione della didattica che mette al centro lo studente e che, allo stesso tempo, è centro culturale, di formazione, di aggregazione territoriale.
Questo non è un sogno, ma è una realtà che è già realizzata in molti paesi europei e che sta crescendo anche in Italia.

Va inoltre ricordato che investire nella costruzione di nuovi edifici scolastici secondo un modello innovativo serve anche per rilanciare lo sviluppo economico e sociale del Paese rimettendo in moto l’indotto, oggi in forte crisi, soprattutto in settori quali l’edilizia o la produzione di mobili e arredamenti, per fare solo alcuni esempi. Investire serve, quindi, a rendere più competitivo il nostro sistema scolastico, ma può diventare anche un volano importante per il rilancio economico.

Walter Moro