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Il DDL 2994 è una riforma dell’autonomia : alcuni rischi e molte opportunità

Pubblicato il: 04/05/2015 22:02:02 -


Riflessioni su come cambia l'autonomia scolastica.
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A cosa doveva servire l’autonomia scolastica?
Parto da una domanda molto semplice ma provocatoria, nel senso che non possiamo non darci una qualche risposta “tecnica”. Penso che al 18° anno di età (se partiamo dalla data di nascita della Legge 15 marzo 1997 del 1999, n. 59) sia doveroso e prioritario fare un qualche bilancio ricorrendo alle tante analisi e ricerche di studiosi di diverso orientamento teorico e politico, alla normativa che si è andata sviluppando e alle riflessioni empiriche delle persone di scuola.
Al dirigente è stato attribuito il potere di gestione, all’interno del quale esercitare la discrezionalità dirigenziale che si colloca all’interno di un processo decisionale che coinvolge gli organi collegiali citati i cui poteri, peraltro, nascono con la separazione dei poteri, di cui all’art. 4 del T.U. sul Pubblico Impiego (DLGS 165/2001).
Infatti, l’art. 25 del T.U. citato attribuisce al dirigente scolastico il potere di gestione che riguarda:
• le risorse finanziarie e strumentali: si fa quindi riferimento alla gestione del POF attraverso il Programma Annuale;
• la direzione, il coordinamento, la valorizzazione delle risorse umane.;
• l’organizzazione dell’attività scolastica secondo criteri di efficienza e di efficacia;
• l’unitarietà della gestione: è responsabile della “fisionomia” educativa della scuola e alla necessità di “tenere insieme” il livello politico, tecnico e amministrativo – gestionale;
• la legale rappresentanza della scuola;
• la garanzia circa la legittimità di tutti gli atti;
• la responsabilità della gestione delle risorse finanziarie, strumentali e dei risultato del servizi;
• i poteri di direzione, di coordinamento e di valorizzazione delle risorse umane;
• l’adozione dei provvedimenti di gestione delle risorse e del personale; •la promozione degli interventi per assicurare la qualità dei processi formativi.

In questa prospettiva, gestire una scuola non coincide tout court con l’amministrarla, bensì con l’organizzare tutte le risorse – quelle disponibili e quelle da acquisire – verso la finalità istituzionale del “successo formativo”. Finora, nei fatti, le successive politiche di reclutamento e di formazione dei dirigenti scolastici, gradualmente ma pervicacemente, si sono basate sulle competenze amministrative e, più recentemente, su quelle di natura datoriale.
Dunque, è necessario chiederci se, dopo un quindicennio di autonomia scolastica, non sia giunta finalmente l’ora di cambiare rotta a cominciare proprio dai capi d’istituto che, come dirigenti, hanno le responsabilità di tutti i dirigenti. È ciò che fa il DDL presentato dal governo Renzi sulla scuola, che mette in moto l’autonomia scolastica partendo proprio dai dirigenti scolastici.
Perché? Perché un dirigente scolastico deve servire a far funzionare bene l’istituto scolastico che dirige e ciò significa garantire istruzione e formazione.

Il DDL Renzi ha il merito – tutto da verificare nei provvedimenti che emergeranno nell’attuazione delle numerose e complesse deleghe – di attribuire una rilevanza strategica alla funzione istituzionale della dirigenza scolastica, sia per il normale funzionamento delle scuole che, soprattutto, per il miglioramento di tutto il sistema e la concreta realizzazione dei processi riformistici ancora in atto, la cui reale implementazione finora è stata gestita – senza esiti in termini di efficacia – secondo la “linea burocratica”.
Un’analisi non superficiale e non ideologica del DDL Renzi ci dice, innanzitutto, che viene esaltato il “potere di gestione” del dirigente scolastico, già previsto dall’art. 25 del Dlgs 165/2001 per far funzionare l’autonomia dei singoli istituti scolastici.

A questo punto, però, si rende necessario chiarire che qualsiasi disegno riformistico che voglia cambiare profondamente ruolo e funzioni del dirigente, sia sul piano della necessaria modifica del profilo giuridico che su quello dell’interpretazione di ruolo, si trova a dover abbandonare il modello burocratico del dirigente amministrativo, potendo percorrere due possibili strade: quella della manageralizzazione e quella della leadership.
E oggi deve finalmente trovare necessaria attuazione una figura dirigenziale che, integrando efficacemente capacità di leadership e competenze manageriali (non amministrative-burocratiche!), sappia guidare processi di miglioramento e sviluppo, rispondendo poi dei risultati ottenuti a livello degli apprendimenti, dei quali finora non risponde nessun soggetto se non lo studente /alunno!

In questo senso, peraltro, si muove il DPR n. 80/2013, che nella successiva Direttiva del 18 settembre 2014 n. 11, al punto a3) specifica: ”Come previsto dal Regolamento, il modello di valutazione della dirigenza scolastica dovrà prestare attenzione agli obiettivi di miglioramento della scuola individuati attraverso il rapporto di autovalutazione e alle aree di miglioramento organizzativo e gestionale delle istituzioni scolastiche direttamente riconducibili all’operato del dirigente scolastico…”. Dunque, il dirigente scolastico è già stato trasformato dal citato DPR, dovendo garantire competenze manageriali (focalizzate sull’ordine e la coerenza, la pianificazione e il controllo) e dall’altra la leadership (orientata all’innovazione e alla progettualità, alla motivazione, alla valorizzazione e alla cura delle persone).
Dobbiamo prendere atto che ruolo e funzioni del dirigente scolastico vanno cambiati perché o è responsabile del contenuto del servizio – l’insegnamento/apprendimento in tutti i suoi aspetti, da quelli tecnici a quelli di garanzia degli interessi e dei diritti degli utenti – oppure dobbiamo rassegnarci a tenere in piedi un sistema scolastico che funziona come un insieme di “anarchie organizzate”, ovvero di “sistemi di irresponsabilità”, non in grado di garantire la qualità del servizio offerto ai cittadini e, quindi, lo stesso articolo 3 della Costituzione.

E, tuttavia, non è certo “rafforzando la funzione del dirigente scolastico”, né affidandogli l’elaborazione del Piano triennale dell’offerta formativa sulla base degli indirizzi strategici del Ministero e “di concerto con il Collegio dei docenti e sentito il Consiglio d’istituto”, né scegliendo “il personale da assegnare ai posti dell’organico dell’autonomia” che si può davvero agire sulla qualità del servizio effettivamente e concretamente erogato da ogni singolo docente.
Nel corpo del DDL si ritrovano altre numerose tracce dei compiti affidati al dirigente scolastico – compresa “la scelta, valorizzazione e valutazione dei docenti e dei risultati dell’istituzione scolastica” – ma queste attribuzioni vanno lette alla luce di quanto sancito nell’art. 7 comma 1 del DDL – (Competenze del dirigente scolastico): “Nell’ambito dell’autonomia della Istituzione scolastica, il dirigente scolastico ne assicura il buon andamento (e questo è un chiaro riferimento all’art. 97 della nostra Costituzione!). A tale scopo, svolge compiti di gestione direzionale, organizzativa e di coordinamento ed è responsabile delle scelte didattiche, formative e della valorizzazione delle risorse umane e del merito dei docenti”.

Ma, com’è noto, il potere di gestione evoca uno spazio d’azione – di management e di leadership – ovvero la possibilità di intervenire sui processi con decisioni autonome che riguardano la scelta di mezzi e modalità per l’azione. Consapevole di ciò, il DDL Renzi prevede all’art. 21, tra tutte le altre deleghe al Governo, le seguenti che, direttamente o indirettamente, incidono sulla funzione del dirigente scolastico:
– ”responsabilizzazione del dirigente scolastico nella scelta del personale docente e nella valorizzazione del merito e nella ottimizzazione dell’utilizzo delle risorse umane, finanziarie, strumentali”;
– “revisione e disciplina dell’organizzazione delle scuole che favorisca la stretta collaborazione tra gli organi di governo e tutte le sue componenti, improntata alla distinzione tra: funzioni di indirizzo generale, da riservare al consiglio dell’Istituzione scolastica autonoma; rafforzamento delle funzioni di gestione, impulso e proposta del dirigente scolastico; funzioni didattico-progettuali, da attribuire al Collegio dei docenti e alle sue articolazioni;
– “valorizzazione del direttore dei servizi generali ed amministrativi quale figura di supporto tecnico-amministrativo a servizio dell’autonomia scolastica”.

Com’è facile rilevare, si prevedono cambiamenti significativi (le deleghe sono molto ampie) sia per quanto riguarda gli organi collegiali della scuola, sia per quanto riguarda il profilo del DSGA. Purtroppo, non c’è nessun riferimento al profilo professionale del docente, né in relazione all’articolazione della funzione docente prevista al comma 16 dell’art. 21 della legge 15 marzo 1997 n. 59 (proprio nel contesto dell’attribuzione della dirigenza ai capi d’istituto), né in relazione alla “libertà di insegnamento” che, se non regolata come tutte le altre libertà professionali, di fatto condiziona fortemente sia i poteri di gestione del dirigente scolastico sia le connesse responsabilità. Insomma, senza un middle management strutturato in un quadro sistemico e senza una regolazione normativa o contrattuale del profilo professionale, il dirigente scolastico potrebbe trasformarsi in un mostro impotente e, come tale, disprezzato e deriso, perché può essere legittimamente accusato di tutti i mali, ma non fa paura a nessuno.

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Immagine in testata tratta da Nepo.com.br

Ivana Summa

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