Quali le prospettive per il nuovo anno scolastico?  

Tradizionalmente, dopo il 15 agosto, in tempi pre-covid, si accendeva nella comunicazione pubblica l’interesse per la scuola, mali e problemi ricorrenti, sguardi nostalgici per la scuola di una volta, la questione del precariato e le supplenze, il lavoro malpagato in tutta la filiera. Poi tutto si spegneva entro l’autunno, per riaccendersi verso la fine dell’anno scolastico con relative polemiche sui risultati delle rilevazioni Invalsi e sugli scrutini ed esami conclusivi della scuola secondaria di primo e secondo grado. 

La pandemia ha travolto questo ritmo: la fine estate dello scorso anno ha tenuto tutti impegnati sul problema dei distanziamenti (innovative e fantasiose le modalità di definizione dei distanziamenti, che ha costretto  a imparare cosa siano le «rime buccali»!) e sulla configurazione di  nuovi oggetti di arredamento più o meno ‘semoventi’, mono/ pluri uso; ma oggi con l’allentamento dell’emergenza e la necessità di prospettive ‘quasi’ normali ai problemi di contenimento della pandemia tra gli studenti si aggiunge la necessità di programmare una nuova scuola anche sul versante della didattica e degli ordinamenti..

Molti ritengono che la colpa dell’evidente declino del nostro sistema di istruzione sia  tutta e solo della DAD (trovare un colpevole è sempre confortante), si elencano titoli e relative risorse dedicati a istruzione e ricerca nel PNRR,  ma frammentate e disarticolate  appaiono le decisioni che dovrebbero garantire un razionale avvio del lavoro per e nella  scuola. Può essere utile indicare in un limitatissimo calendario alcuni dei temi relativi alle modalità di avvio del nuovo anno scolastico, che sono stati offerti dalla comunicazione istituzionale. 

Il 25  maggio 2021 è la data in cui il Ministro della istruzione, di concerto con il Ministro del MAEF e quello della PA, pubblica il Piano scuola 2021-2022, ossia il  Documento per la pianificazione delle attività Scolastiche, educative e formative nelle istituzioni del Sistema nazionale di Istruzione Disposizioni urgenti per la scuola. Due sono i concetti delineano la filosofia ispiratrice del piano:

  • le istituzioni scolastiche, sostenute anche da risorse che non hanno precedenti nel quantum, sono e saranno impegnate a intercettare bisogni formativi degli studenti e necessità sociali delle famiglie, offrendo le risposte possibili;  
  • la sfida che l’avvio del nuovo scolastico affronterà è assicurare a tutti, anche per quanto rilevato dal Comitato Tecnico Scientifico (CTS), lo svolgimento in presenza delle attività scolastiche, il recupero dei ritardi e il rafforzamento degli apprendimenti, la riconquista della dimensione relazionale e sociale dei nostri giovani, insieme a quella che si auspica essere la ripresa civile ed economica del Paese.

Il Ministro Bianchi, in occasione della presentazione dei risultati delle rilevazioni prodotte dall’Invalsi (14 luglio 2021), ha ripreso con forza queste prospettive richiamando l’esigenza di garantire a tutti una scuola “inclusiva”, in cui  sia assicurata  la completa ripresa della didattica in presenza, di cui si sottolinea  il valore formativo, il ruolo  nel garantire lo sviluppo della personalità e della socialità degli studenti  mortificati e penalizzati dai lunghi periodi di limitazione delle interazioni e dei contatti sociali. 

Dal  17 agosto 2021  è disponibile il calendario scolastico, così come predisposto  dalle singole regioni: si inizierà il 6 settembre ( una sola regione) 13 settembre ( 10 regioni) 14 settembre (una regione) 15 settembre (4 regioni) 16 settembre (2 regioni) infine 20 settembre ( ancora due regioni). Il  13 settembre è la data prevista per il varo del decreto definitivo che affronterà i tanti nodi irrisolti  nel Piano Scuola  che ancora richiedono incontri, tavoli, accordi e così via.

Ai banchi semoventi dello scorso anno si è sostituita la complessa polemica sul green pass i tamponi, che occupa tutti gli spazi della comunicazione, mentre un elenco di impegni, costruiti sulla base di precise priorità (dove, che cosa, quanto, con quale/i tipologia/e di personale, in quali territori ecc. ecc.?) non sembra ancora  chiaramente leggibile. 

L’intervista del 22 agosto rilasciata dal Ministro Bianchi al Sole 24 ore è preceduta  da una sintesi, in 20 punti, che dovrebbe essere una sorta di vademecum per il ritorno a scuola- Tuttavia, sperando che il decreto definitivo previsto per il 13 settembre  non annodi, invece che sciogliere i tanti dubbi,  c’è poco di nuovo; si parla sempre  di vaccinazioni, mascherine, green pass, utilizzo di spazi ecc. e soprattutto aggiunge per ogni problema possibili varianti di soluzioni, piuttosto che dare indicazioni certe ed eseguibili. 

Nell’intervista il ministro dichiara  che col nuovo anno scolastico le riforme saranno avviate in relazione a quanto previsto dal PNRR e assicura l’aiuto alle scuole per i controlli dei green pass; richiama  le cifre relative agli investimenti  a partire dalla scuola per l’infanzia, all’edilizia scolastica, al numero di insegnanti immessi già in ruolo a partire dal primo settembre (nella prospettiva di cadenze annuali di procedure concorsuali); affronta  infine il problema del mismatch  tra qualifiche possedute da chi esce dalla scuola e esigenze del mercato del lavoro, dedicando attenzione alla filiera dell’istruzione tecnico professionale, legandola alla espansione degli ITS e alla necessità di contenere gli abbandoni scolastici anche attraverso modalità di formazione e orientamento precoce, fin dalla scuola secondaria di primo grado, però non citando il problema nodale del biennio della secondaria superiore  e dei contenuti e del ruolo dell’obbligo dei 10 anni di scolarità. 

Ora, è vero che la scuola è un sistema estremamente complesso, e complicatissima è la sua gestione: ridotto a una frase la scuola è oggi uno spazio organizzato e disciplinato che coinvolge milioni di persone, che, rispetto ad altri spazi molto organizzati come le caserme, non si regge su un sistema strettamente gerarchico ma si fonda su principi democratici. Nei decenni la scuola era l’unico luogo che dispensava conoscenze e preparava al futuro delle giovani generazioni. Ora la situazione è cambiata e sono diversi gli attori che si affacciano nel campo educativo, soprattutto sulla rete. A questo particolare sistema (che tra l’altro il virus non ha violentemente intaccato al suo interno) si chiede oggi molto, con l’assunto che la ripresa e il rinnovamento economico e sociale imposto e previsto dal PNRR debbano di necessità far leva sulla scuola e sulla sua inevitabile trasformazione. Se la tale trasformazione avverrà la scuola potrà mantenere la sua primazia educativa, in caso contrario è prevedibile una lenta discesa tra le tante offerte formative che si affacciano nella società. La posta è molto alta, soprattutto considerando che il sistema scolastico è l’unico che può perequare le distanze sociali e prevedere una maggiore equità di opportunità alla popolazione. Sicuramente le altre offerte non si pongono questo problema. Insomma, indietro non si torna.

Quindi? Quindi ci sono questioni di sistema da affrontare rapidamente, che non sono nate con il Covid ma che il Covid ha ben fatto emergere. Elencandole, forse un po’ alla rinfusa: 

la necessità di un rapporto diverso scuola/comunità civile per far ‘uscire’ ‘l’istituzione dalle tendenze autoreferenziali, riorganizzando il tempo scuola e rompendo la rigidità del rapporto aula-classe; una riformulazione dei modi in cui vengono proposti i saperi, con  una revisione degli ‘steccati’ disciplinari, peraltro non più esistenti nel campo della ricerca; la necessità evidente ( di cui però Bianchi non parla nell’intervista) dell’educazione continua, che coinvolga il mondo adulto e che trasformi l’educazione da momento della vita della giovane età a evento sempre presente nella vita di tutti; il rapporto scuola/università per la necessità di integrare tra loro le migliori risorse intellettuali e far vivere nella scuola, per osmosi, le grandi prospettive della ricerca; la ristrutturazione dell’istruzione tecnica e professionale, demolite negli anni dei governi di centrodestra e lasciate deperire da quelli del centrosinistra. È questo un impegno molto sentito dal Ministro ma il compito di ridare centralità alla formazione delle professioni e degli ambiti delle conoscenze tecnico-scientifiche è terribilmente arduo; l’integrazione tra l’informatica e il resto del sapere, perché la prima non è soltanto un insieme di importanti conoscenze ma un potente strumento che essenziale in tutti gli altri campi disciplinari.

Questi temi saranno al centro, almeno così speriamo, del dibattito sulla scuola e ne faremo dunque dibattito nella nostra Rivista, cercando di dare un contributo non effimero ai gravosi problemi, ma anche alle grandi opportunità, che abbiamo di fronte.