L’importanza delle politiche educative  nelle performance scolastiche: alcuni dati

L’ultimo rapporto di monitoraggio della Commissione europea sulla progressione dei sistemi educativi europei rispetto ai valori di riferimento (Benchmark) fissati per il 2020 permette di staccarci per qualche momento dall’emergenza Covid e dagli affanni della didattica a distanza per allargare la visione e la riflessione sull’andamento della scuola italiana. Purtroppo, lungi dal fornire un’occasione di conforto, questo rapporto ci presenta la conferma delle gravi difficoltà in cui versa il nostro Paese, insieme ad alcuni spunti interessanti riguardo all’evoluzione dei sistemi educativi degli altri Paesi.

Per quanto riguarda l’Italia siamo uno dei Paesi:

  • con più alto numero di abbandoni dopo la scuola media (13,5%), seguiti solo da Malta, Bulgaria e Romania, contro una media europea di 10,2%; va detto però che il fenomeno negli ultimi anni appare in ridimensionamento;
  • con più basso numero di laureati (il 27,6% dei 30-34enni, contro una media europea del 40,3%); siamo i peggiori di tutti i Paesi europei, compresa Grecia, Turchia e Montenegro; solo la Romania fa peggio di noi;
  • con più alto numero di underachievers nelle competenze linguistiche, matematiche e scientifiche (e il trend è in peggioramento…);
  • con più basso numero di occupati con diploma o laurea tra i 20-34enni (e questo avviene, paradossalmente, nonostante il basso numero di diplomati e laureati!); nessun Paese europeo ci batte, solo Turchia e Macedonia del Nord sono appaiate con noi in questo poco invidiabile primato.

Il quadro complessivo che emerge da questo monitoraggio è desolante: l’Italia è un Paese dove molti abbandonano precocemente la scuola, il livello di apprendimenti è sotto la media e i diplomati e laureati, nonostante il loro numero ridotto, non riescono a trovare occupazione. Purtroppo si tratta di fenomeni conosciuti da diverso tempo, ma ciononostante le politiche educative di questi anni non sono riuscite a incidere su queste lacune; anzi, a parte la riduzione del tasso di abbandono, occorre registrare anche la tendenza generalmente negativa di quasi tutti gli indicatori che misurano le performance del sistema scolastico nazionale. Perfino il tasso di frequenza della scuola per l’infanzia, che anni fa ci vedeva primatisti positivi in Europa, sta mostrando segni di indebolimento.

Qualcuno potrebbe osservare che le debolezze del nostro sistema scolastico discendono da situazioni storiche, cui non è semplice e veloce porre rimedio in pochi anni, ma se osserviamo cosa avviene nei diversi Paesi europei vediamo che non è sempre così. Si prenda ad esempio la quota di underachievers:   non è solo la citatissima Finlandia a ridurre il numero di studenti carenti nelle competenze di base, ma ancora meglio della Finlandia fanno paesi come l’Estonia e la Polonia; e su valori simili alla Finlandia si  posizionano la Slovenia e l’Irlanda. Particolarmente interessanti sono i casi dell’Estonia e della Slovenia, perché si tratta in entrambi i casi di Paesi piccoli, che ottengono risultati molto migliori delle nazioni confinanti:

  • l’Estonia ottiene risultati nettamente migliori di quelli delle vicine Lettonia e Lituania;
  • la Slovenia ottiene risultati nettamente migliori di quelli della vicina Austria (e anche degli altri Paesi dell’ex Jugoslavia).

Dato che si tratta di contesti vicini dal punto di vista geografico e socioculturale ci si sarebbe potuto aspettare un andamento tutto sommato simile delle performance scolastiche; invece le prestazioni degli studenti sono nettamente differenti tra i Paesi vicini, probabile segno che le diverse politiche educative nazionali impattano in modo significativo sugli esiti dei rispettivi sistemi. Ad esempio, Andrea Schleicher, responsabile di Ocse-Pisa segnala che in Estonia si dà molto peso alla pratica professionale: gli insegnanti passano una buona quantità di tempo lavorando insieme per studiare e strutturare piani pratici per insegnare. Lo stesso Schleicher ricorda che al di fuori dell’Europa esistono casi importanti di Paesi che in pochi anni, grazie alle loro politiche educative, hanno recuperato il tradizionale svantaggio educativo, e oggi sono all’avanguardia; tipico è il caso della Corea del Sud[1]. Si tratta ovviamente di ipotesi da approfondire, ma potrebbero dimostrare che una buona politica può superare i vincoli posti dal contesto e dalle tradizioni socioculturali.

[1] A. Schleicher, Una scuola di prima classe, Il Mulino 2020

Giorgio Allulli Vicepresidente della Rete europea della qualità dell’Istruzione e formazione professionale (EQAVET); già direttore delle aree sistemi formativi del Censis, dell’Isfol e della Conferenza dei Rettori.