Le questioni di fondo per la scuola durante e dopo l’emergenza – Intervista a Vittoria Gallina 

La scuola è una istituzione essenziale al funzionamento dello Stato e, come la sanità e l’assistenza sociale, non può essere “chiusa” come oggi si sente dire in giro. Tu hai molto più correttamente parlato di “sospensione dell’attività didattica in presenza” e non credo sia una differenza solo lessicale. Ci puoi chiarire quale è la differenza di fondo di questi due modi di vedere la questione?

Su questo punto il testo costituzionale è assolutamente chiaro: il diritto all’istruzione (art. 33 e 34) è garantito a tutti i cittadini, il sistema scolastico pubblico è lo strumento, meglio il luogo  in cui questo diritto si realizza e si esercita. Lo stato di emergenza determinato dal coronavirus sta stressando un po’ ovunque sistemi politici attaccati a contingenze e convenienze di corto respiro, non abituati a misurarsi con drammatiche responsabilità e prospettive lunghe, in Italia questo è particolarmente evidente e si riscontra, anche a causa delle incertezze iniziali, nella pletora di decretazioni successive, volte a contenere il contagio, salvaguardando i servizi essenziali. La scuola si trova a occupare per un verso gli spazi che, per eccesso di “presenze” contemporanee, devono essere chiusi, ma nello stesso tempo non può cessare di esercitare la funzione cui è preposta, se non si vuole ledere il diritto all’apprendimento di tutti i cittadini.  Quindi la scuola, proprio in questo senso, non può non essere considerata un “servizio” ( termine davvero inadeguato) essenziale, che non può e non deve subire interruzioni, ma dovrà sospendere quella modalità dell’attività didattica “in presenza”, in cui tradizionalmente si sviluppano e soddisfano interessi culturali, si forniscono strumenti di partecipazione consapevoli alla vita economica e sociale e si coltivano e si apprendono gli strumenti adeguati ad uno sviluppo intellettuale ed emotivo di bambini, ragazzi, adolescenti ed anche di adulti. 

 

Potresti cercare di indicare le questioni che ti sembrano più rilevanti?

Le questioni cui mi riferisco non nascono dalle conseguenze dei provvedimenti necessari per contenere i rischi di contagio, ma difficoltà proprie di un sistema che spesso ha  irrigidito e , continua a irrigidire la funzione dell’insegnamento / apprendimento dentro uno schema ripetitivo ( lezioni scandite in un orario rigido, spiegazione, interrogazione, voto……) , in cui, le  tante interessanti forzature operate nella realtà da molte scuole, rischiano di apparire più come bizzarre scelte di alcuni, che non come modalità per adeguare il processo formativo ai bisogni di crescita di bambini, ragazzi , adolescenti. Alle disparità e povertà sociali, che emergono drammaticamente nella scuola, si è risposto nel tempo con disposizioni legislative contrastanti,  frammentazione di competenze, responsabilizzazione e de-responsabilizzazione di alcuni soggetti, disposizioni riformatrici, raramente realizzate compiutamente, tanto che la scuola non si presenta oggi come un interlocutore sociale omogeneo, capace di agire con incisiva efficacia su le tante ed evidenti in-equità sociali e culturali. La stessa professionalità del personale è spesso costretta, più che valorizzata e difesa, dentro risultati di una contrattazione, relativa al rapporto di pubblico impiego,  capace più di fotografare il passato, che di dare valore ad un autonomo impegno ed alle molte soluzioni innovative, che già di fatto si operano. 

 

La sospensione dell’attività didattica sta avvenendo in molti Paesi. Magari rimanendo alla situazione europea per confrontare modalità didattiche non molto diverse tra loro, puoi illustrarci come è stato affrontato questo problema?

Questo è un esercizio che potremo fare più in là, posso solo fare qualche superficiale ipotesi che nasce da contatti personali e dalle impressioni che ne ho ricavato. Sicuramente negli altri paesi è già consolidata una maggiore flessibilità dell’organizzazione della scuola a tutti i livelli e l’abitudine a utilizzare forme diverse di comunicazione e formazione. In Germania , fin dalla prima elementare, l’offerta formativa per i bambini è articolata in attività che, nel corso della giornata, interessano gruppi diversi; nella situazione attuale le scuole, anzi le singole classi, hanno messo in rete proposte di lavoro, da svolgere entro una settimana, a queste proposte  i bambini ( parlo di Berlino, teniamo conto che la scuola afferisce ai vari laender) accedono tramite una password che si sono scelti ( animaletti, fiori, mostriciattoli ecc); già nella scuola “in presenza” i bambini sono abituati a stabilirsi i tempi in cui completare i lavori assegnati entro 10-15 giorni dalla assegnazione , ma alla scadenza fissata, ogni bambino porta quello che ha fatto, in quel lasso di tempo; il problema del voto non si pone, perché le classi sono fatte per gruppi di livello entro il ciclo ( prima e seconda elementare insieme e così via). In Finlandia, per esempio, il curricolo del ciclo secondario superiore è articolato: una parte uguale per tutti e in una parte in cui gli studenti scelgono, motivando la scelta, attività diverse.Del resto nei paesi del nord Europa ogni docente di secondaria superiore è formato per poter insegnare almeno due discipline ( non esiste la laurea affine !!!! ma un percorso di formazione basato su crediti accademici e su una formazione pedagogica specifica), per ampliare le possibilità di scelta degli studenti. Del resto in molti paesi (Germania , Grecia  p.e) per la maturità gli studenti scelgono, entro la rosa delle materie del curricolo, il livello di prova cui vogliono accedere. Non mi risulta, per quel poco che posso vedere, che si sia aperta una questione ”voti”, ma forse si tratta solo di aspettare e vedere tra un po’ cosa accade in giro. 

 

La scuola ha dato una “risposta vitale” alla emergenza, mettendo in campo una forza di risposta, una capacità di adattamento e una creatività notevoli. Questo presuppone un cambiamento di paradigma didattico che probabilmente andrà oltre a questa particolare fase. Da questo punto di vista il motore centrale dell’istituzione, il MIUR non sembra particolarmente attivo, limitandosi a registrare l’esistente.  Io ricordo momenti storici in cui, con tante contraddizioni, il Ministero era forza trainante del cambiamento, per esempio nel campo della sperimentazione. Come spieghi questa attuale discrasia?

Dirigenti scolastici, esperti dei sistemi formativi, singoli docenti o gruppi di docenti, si sono attivati rapidamente e, con intelligenza e sapienza, hanno avviato un dialogo con docenti e studenti, hanno trovato un linguaggio serio e non retorico, ricco  di esperienze legate al valore umano e culturale della condivisione intellettuale, non solo fisica , di uno stare insieme diverso da quello dell’aula scolastica, ma pieno del senso di una partecipazione arricchente, che si può e si deve realizzare anche entro gli spazi virtuali, offerti  dalle nuove forme di comunicazione. Le tante esperienze già presenti in molte realtà dimostrano quanto le declaratorie giuridico/contrattuali previste, per chi opera nella scuola, siano vecchie e “fuori contesto”. La risposta dell’apparato ministeriale risulta nel suo complesso più preoccupata per eventuali  ricorsi e contestazioni giuridiche ( I TAR …. Gli avvocati…..ecc. ecc) che tesa ad osservare, capire, sostenere quello che sta emergendo, collaborando e sollecitando le responsabilità che, nel territorio, dovrebbero intervenire nelle situazioni di povertà socio- educativa con supporti adeguati. Viene da chiedersi: ma le regioni, per legge in Italia, non sono più soggetti attivi nella realizzazione di tutti gli interventi legati al diritto allo studio?  Il coinvolgimento del sistema pubblico di comunicazione, la RAI nel suo complesso, viene utilizzata come erogatore di programmi culturali, sicuramente interessanti e benemeriti, mentre potrebbe offrire, in accordo col Miur, cataloghi di attività formative calibrate per livelli di scuola, per arricchire offerte formative differenziate. Del resto basta guardarsi intorno e citare solo le tre televisioni tedesche o la BBC, che in questo periodo, oltre ai programmi di divulgazione culturale, nel corso della giornata presentano  attività formative calibrate per le scuole e cadenzate in modo da inserire attività motorie, musica, canto gioco e studio. E’ giusto qui il richiamo all’età “delle sperimentazioni” ed al diverso modo con cui, anche se in modo non lineare , lo stesso ministero della PI ebbe un ruolo significativo nel garantire un efficace sostegno, ma anche allora, sui tempi lunghi, ha vinto la strategia della ghettizzazione di queste esperienze , che ha portato alla conservazione del carattere di sperimentalità, che ne ha consentito la successiva liquidazione all’epoca dei tagli della coppia Tremonti/ Gelmini. Anche oggi non sembra di buono auspicio la preoccupazione del miur  volta a garantire la attribuzione dei voti ( per fortuna, timidamente, lo stesso ministero sembra parlare di valutazione formativa) o di come sterilizzare i passaggi automatici da una classe all’altra, forse lo stesso ministero potrebbe sfruttare questa quarantena per impegnarsi in qualche utile esercizio di progettazione del prossimo anno scolastico, utilizzando le tante positive esperienze che si stanno realizzando e valorizzando le tante modalità di lavoro in cui si esprime una utile valutazione formativa. Se gli edifici sono stati chiusi per tanti mesi, bisognerà fare di tutto perché non si riaprano per funzionare come hanno sempre fatto: la scuola non chiude, proprio perché sa confrontarsi con la complessità di una società ,che, cambiando, esprime nuovi e impellenti bisogni sociali e crea nuove risposte; speriamo che a viale Trastevere se ne accorgano, non si spaventino e non disperdano tutto. 

a cura di Andrea Turchi