L’autonomia necessaria – di Luigi Berlinguer

L’autonomia è un tassello essenziale di una nuova organizzazione scolastica. La sua attuazione è divenuta ormai necessaria, persino urgente. L’estensione della scolarizzazione a tutti introduce un cambiamento radicale nella storia della nostra scuola e presuppone per il suo stesso successo che essa sia messa in grado di recepire e valorizzare le diversità naturali, storiche, del corpo discente. Se a scuola vanno tutti, tutti significa appunto anche tutte le varietà e le diversità di inclinazione e di cultura presenti nel corpo discente. Siamo di fronte ad un vero e proprio imperativo per chiunque creda nella scuola moderna. Ancor più per una forza di sinistra che – proprio per essere la forza che per senso di equità sociale si propone l’educazione di tutti – non può prescindere dalla necessità di valorizzare le differenze, di andare incontro alle esigenze diverse dei giovani, di costruire una società tanto più giusta ed efficiente quanto più vicina alle differenti esigenze di chi impara.

Autonomia non coincide totalmente con democrazia, ma coabita strettamente con la stessa. Ecco perché per sua natura essa non può essere imposta unicamente per decreto, deve anche procedere dal basso, e soprattutto deve essere attuata dal basso. Le norme sono chiare: sia la legge n.59, sia il regolamento n.275 affermano icasticamente (art.21) che “le istituzioni scolastiche sono espressione di autonomia funzionale”. Sono norme che impongono ora la concessione dell’autonomia alle scuole, senza ombra di dubbio. Esitare, rinviare, e quindi derogare sono atteggiamenti contra legem, oltre che contro l’interesse della “scuola per tutti”, e peraltro sono inammissibili, intollerabili. Dura lex sed lex.

Ma per attuare proficuamente una trasformazione autonomistica dell’ordinamento scolastico di tale rilievo bisogna crederci, intanto perché questo vuole la legge (e basterebbe), ma anche e soprattutto perché si tratta di una legge che rappresenta l’interesse della cultura e della scuola in Italia. In effetti, siamo di fronte ad una concezione autonomistica che tra l’altro incontra l’esigenza prima del cambiamento scolastico, e cioè la “centralità dell’apprendimento”. Sembra strano, ma le due esigenze convergono, esprimono insieme il bisogno di un nuovo ruolo dell’apprendimento e di una disciplina istituzionale ispirata all’autonomia dell’ordinamento educativo. Non è concepibile infatti una politica scolastica che non stimoli la creatività del discente, non è sufficiente per insegnare limitarsi a “trasferire conoscenze”, per altro assolutamente necessarie. Occorre anche (e soprattutto) che la scuola stimoli l’apprendimento, l’organizzi, lo costruisca, favorisca il protagonismo discente, la responsabilizzazione di chi impara. E tutto questo non può essere realizzato attraverso la pura trasmissività, il solo trasferire conoscenze, ne tantomeno attraverso metodi di omogenizzazione delle stesse per tutti gli studenti, per i diversi studenti. L’apprendimento è una conquista, ha sempre in sé un che di creativo, specie se nell’esercizio dell’imparare si agevola l’espressione di un contributo proprio per ogni discente. E tutto questo investe oggi in forma nuova il senso del curriculum, la sua natura, la sua articolazione interna (pur nell’indispensabile unitarietà dello studio della cultura nazionale), con le dovute differenziazioni disciplinari, territoriali, per le diverse età. Di fronte ad otto milioni di allievi, a questo enorme consorzio sociale di cui non esiste altro esempio nel nostro paese, la piatta uniformità non funziona, è un controsenso; e lo strumento istituzionale naturale delle differenziazioni non può che essere l’autonomia. La scuola è stata finora una struttura autoritaria: la scuola per tutti non è più giusto che lo sia, né può esserlo, né lo si può pretendere. Le forze di governo della scuola, il ministero dell’istruzione, le responsabili istanze democratico-istituzionali del paese devono necessariamente procedere con urgenza, con atti normativi e precisi, con un’articolazione propria degli interventi sulla scuola: e lo spazio primo su cui riflettere e intervenire, ripeto, è la natura del curriculum, il modo in cui esso si deve necessariamente articolare.

A questi indirizzi politico-generali devono concorrere tutte le forze che hanno a cuore le giovani generazioni, lo stesso avvenire del paese. Senza esitazione. E’ un imperativo categorico. Ed una tale linea politica va calata in tutti i campi dell’iniziativa educativa, e da parte di tutti i soggetti: i dirigenti politici, i responsabili istituzionali centrali, quelli presenti in diversa forma nei territori. Credo pertanto che debba iniziare in modo più risoluto una battaglia politica con nuova energia e determinazione, per evitare che l’autonomia finisca in un cestino, con buona pace del più oscuro spirito di conservazione di coloro che vogliono che nulla cambi nella scuola.

Luigi Berlinguer