Intervista  alla Senatrice Valeria Fedeli, già  Ministro del MIUR

Inutile sottolineare che Recovery Fund o meglio Next Generation Eu costituisce una grande occasione, soprattutto per la nostra scuola, per innestare cambiamenti di tipo strutturale. Le chiedo, se nell’ultima versione approvata dal Consiglio dei Ministri del 12 gennaio 2021, sono state apportate modifiche significative per quanto riguarda gli investimenti per  il sistema di istruzione rispetto alla versione precedente (che prevedeva interventi complessivi per 10,65 miliardi, di cui 9,26 aggiuntivi) distribuiti tra investimenti e riforme quali punti ritiene particolarmente rilevanti della nuova versione.

 

Intanto le cifre: per la Missione istruzione e ricerca il NGEU stanzia un totale di 28,50 miliardi di euro di cui 16,72 per il potenziamento delle competenze e il diritto allo studio, per l’accesso all’istruzione e il contrasto ai divari territoriali, per il potenziamento della didattica, le materie STEM e il multilinguismo, per i percorsi professionalizzanti e ITS e altri 11,77 miliardi per rafforzare i sistemi di ricerca e la loro interazione con il mondo delle imprese e delle istituzioni. Inoltre ricordo i 3,7 miliardi stanziati per la scuola dalla legge di bilancio di cui 2,2 di spesa corrente e oltre 1,5 per investimenti. Dopo anni di tagli, la pandemia ha creato le condizioni per un cambio di passo. Adesso è fondamentale spendere bene queste risorse, con una visione e una progettualità che secondo me deve essere orientata a tre criteri fondamentali: innovazione, digitalizzazione, inclusione.

 

 

Leggendo il Recovery Fund, per quanto riguarda gli investimenti e le riforme previste per la scuola, ci sono  tante proposte, tanti progetti, tutti chiaramente condivisibili;   ci sembra però che manchi un asse portante, che fornisca  indicazioni di priorità.  Ci aiuti a capire meglio.  

 

Ripeto, le risorse e i progetti sono importanti, fondamentali. Dopodiché, per garantire coerenza e indicare priorità rispetto all’obiettivo generale, servono le scelte della politica. Se l’obiettivo generale è quello di rilanciare il sistema nazionale di istruzione e formazione allora gli investimenti e le progettualità dovranno essere mirati, nel medio e lungo termine, a fare della scuola la prima e più strategica delle infrastrutture immateriali per la crescita culturale, sociale, economica del Paese. Per questo dico che tra i 24 progetti, oltre alla lotta alla dispersione scolastica, per la digitalizzazione della didattica e gli ambienti di apprendimento, i percorsi professionalizzanti e la formazione dei docenti, è di grande importanza  il potenziamento dello 0-6 e quindi degli asili nido (per un totale di 3,6 miliardi d’investimento), delle scuole per l’infanzia, e del tempo scuola come leva strategica per l’acquisizione di competenze, il superamento delle disuguaglianze e l’investimento sulle materie STEM, soprattutto per sostenere l’accesso a queste discipline da parte delle ragazze. Tutti interventi che devono convergere verso l’obiettivo di garantire a ogni bambina e bambino, a ogni studentessa e ogni studente, a ogni cittadina e ogni cittadino, il diritto all’apprendimento come obiettivo prioritario di una Repubblica che vuole alimentare costantemente la qualità della partecipazione e della stessa democrazia. 

 

 

Uno dei punti strategici previsti nel Recovery Fund riguarda gli investimenti straordinari per la riduzione dei divari territoriali nelle scuole secondarie, finalizzati a contrastare il fenomeno della dispersione scolastica, che prevedono un  investimento di 1,5 miliardi, in particolare i sullo sviluppo delle competenze di base per potenziare i rendimenti scolastici.  Non le sembra, che per ridurre realmente i tassi della dispersione scolastica che si registrano soprattutto in diverse regioni del Sud, sia necessario puntare su un piano d’investimento mirato, di tipo strutturale, come per esempio quello di estendere il tempo pieno nella scuola dell’obbligo che va dai 3 ai 6 anni e dai 6 ai 14 anni, collegandolo a un piano di investimenti sul rinnovamento dell’edilizia scolastica che punti su aule, laboratori e sulle tecnologie digitali e multimediali?   

 

La riduzione dei divari territoriali, la lotta all’abbandono, la promozione dell’inclusione è un dovere dello Stato e una responsabilità della politica. Servono per questo investimenti strutturali e azioni strategiche. Il Pnrr prevede l’aumento del tempo scuola (1 miliardo di euro), il potenziamento delle scuole dell’infanzia (3-6 anni), delle sezioni ‘primavera’, dei nidi (con l’obiettivo di superare il target fissato  al 33% dal Consiglio europeo di Barcellona del 2002 e arrivare a 622.500 nuovi posti entro il 2026) e anche nella legge di bilancio è previsto il rafforzamento, fin dalla scuola primaria, dell’attività sportiva in ambito scolastico, delle attività formative per l’acquisizione di competenze trasversali e extracurriculari. Altrettanto è fondamentale intervenire sulle infrastrutture scolastiche per valorizzarne il ruolo sociale per l’intera collettività rendendole più sicure (con la legge di bilancio sono stati prorogati  i poteri commissariali dei sindaci), più sostenibili, più connesse e più innovative (40 milioni destinati proprio a questo nei piccoli comuni del Sud Italia) proprio per migliorare la qualità degli ambienti di apprendimento, implementare la didattica digitale (penso all’introduzione degli animatori digitali già previsti dal PNSD che promossi da ministra), superare la lezione frontale come modello esclusivo. Siamo di fronte all’opportunità di compiere un passaggio decisivo, una transizione necessaria tra passato e futuro: la scuola deve guidare questo processo, esserne la protagonista. 

 

 


Tra le molte riforme proposte nel Recovery Fund, centrale mi sembra, quella che riguarda il reclutamento dei docenti, lo sviluppo di carriera e l’obbligatorietà della formazione in servizio. Tutti questi aspetti del reclutamento, sviluppo di carriera e obbligatorietà della formazione erano presenti nella Legge n. 107 del 2015 e tradotti nel D.lgs n. 59 del 2017,  quando Lei era Ministra del Miur;  di tutto ciò, purtroppo, non si è realizzato quasi nulla mentre sappiamo che sono punti centrali per un reale cambiamento. Come pensa che questi punti saranno rilanciati con il Recovery Fund?

 

Intanto considero molto importante che gli interventi previsti, come già nel decreto legislativo della legge 107 che lei cita, riguardino tutto il personale scolastico, non solo i docenti, sia in ingresso che per tutto l’arco della vita professionale per rispondere in maniera adeguata e tempestiva alla velocità, alla radicalità e all’irreversibilità dei cambiamenti tecnologici nonché all’impatto che essi hanno sulla società tutta. Io credo che questa sia davvero una delle scommesse più importanti da vincere: una scuola che sa continuamente imparare è una scuola che insegna meglio, che riconosce le difficoltà, se ne fa carico, le affronta – come è stato ed è durante questa emergenza – e che forma il potenziale dell’intera società riducendo gap di ogni genere, con l’inclusione, la condivisione, la cooperazione. Il personale scolastico, formato in stragrande maggioranza da donne, ha dimostrato in questi mesi una capacità di resilienza e di ripartenza tali da ispirare, secondo me, il senso profondo del Piano che è mirato a costruire il cambiamento positivo e insieme a prendersi cura del Paese per garantire alla next generation strumenti e condizioni di crescita, benessere, sviluppo. 

 

Walter Moro