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FACCIAMO SCUOLA o campagna elettorale? – di Fiorella Farinelli

Pubblicato il: 18/04/2018 16:11:45 -


Da FacciAMO Scuola agli spazi di formazione alla cittadinanza.
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Vecchi e nuovi rischi di intromissioni improprie nella promozione e nel sostegno di interventi e di progetti nella secondaria superiore. Come si preserva l’autonomia culturale  della scuola da invasioni di campo in cui pubblico e privato si confondono? Il testo che qui presentiamo sollecita riflessioni, che vanno al di là di questo caso,ed apre una discussione sugli spazi della formazione alla cittadinanza.   

La redazione 

 

Per immaginare cosa verrà, si devono conoscere i programmi dei vincitori. Ma per interpretarli conta, e non poco, anche ciò che è stato fatto, le iniziative, i comportamenti. Un caso è FacciAMO Scuola, il programma 5Stelle iniziato nel 2016 in Basilicata e proseguito in altre aree regionali, dalla Puglia alla Liguria. Allarma, infatti, chi sa che le scuole devono essere tenute al riparo da influenze dirette di soggetti privati come i partiti, e da azioni che sanno di propaganda. Curiosamente però, e anche questo fa tremare, non si ha notizia di reazioni dell’amministrazione scolastica. E neppure, cosa forse più inquietante, di dibattiti di qualche peso di attori politici, culturali, professionali. Come si spiega? Solo distrazione? Eppure si tratta di un’iniziativa inequivocabilmente politica, e presumibilmente nazionale (il programma è dovunque identico) sebbene gestita dai pentastellati eletti nei Consigli Regionali. O almeno da chi, in linea con un movimento che della guerra ai costi e ai privilegi della politica ha fatto un potente attrattore di consensi, ha rinunciato a parte delle indennità di carica assegnate da una variegata legislazione regionale. Una quota, infatti, delle somme derivanti dalla rinuncia (altre vanno alle piccole imprese e ad altri scopi) viene destinata alle scuole secondarie dei rispettivi territori. Lo si fa con un bando che mette a gara – secondo le risorse e con un finanziamento di 10mila Euro a scuola – un certo numero di progetti su più temi. Efficientamento energetico, eliminazione di barriere architettoniche, acquisto di materiali, messa in sicurezza dei locali, contrasto della dispersione. Dei 10mila Euro il 10% può andare ai “consulenti” – interni o esterni? In ogni caso attraente per i nostri malpagati insegnanti – che stendono i progetti. Le parole chiave sono “trasparenza” e “imparzialità”. La prima consiste nella pubblicazione dei progetti nella piattaforma Rousseau, veicolo di quella democrazia diretta che, come ribadito da Casaleggio Jr. in un recente intervento su Washington Post, dovrà prima poi liquidare la democrazia rappresentativa. Anche l’imparzialità passa di lì perché la valutazione non è affidata, come si dovrebbe, a un soggetto terzo composto di esperti ma al voto degli iscritti alla piattaforma medesima. Che di scuola possono saperne o meno, ma non è questo che importa. Importante è che tutto, priorità e selezione, appartenga a un solo soggetto, alle sue incerte competenze, alle sue certe convenienze. A sciogliere infine i dubbi sulle finalità dell’iniziativa – finora un milione di Euro, per un centinaio di scuole – ci sono i “Restitution Day”, ovvero giornate autocelebrative in cui i consiglieri, in primo piano nomi, cognomi e volti, “restituiscono” alle scuole vincitrici il denaro cui hanno rinunciato. Una festa di moderni Robin Hood con insegnanti, famiglie, studenti. C’è da chiedersi cosa sarebbe successo se un’iniziativa di questo tipo fosse firmata da un altro partito o movimento politico, da Casa Pound al PD.

E torniamo, così, all’incipit. Perché, dal 2016 a oggi non ci sono state le prese di posizione e i dibattiti che meriterebbe un programma così irrituale, e così inappropriato al profilo istituzionale e educativo della scuola? Non si tratta solo di aspetti minori e però importanti quando si tratti di denaro pubblico, ancorché “restituito”, come la coerenza dei 10mila Euro con l’ambiziosità di alcuni obiettivi, o il silenzio sulle necessarie verifiche di impatto (un vizio, questo, assai diffuso nel pur imponente progettificio scolastico). Questi, in fondo, sono dettagli. Una spiegazione, la più banale, è che sarebbe impopolare opporsi a elargizioni fatte a scuole afflitte da una diuturna scarsità di finanziamenti ordinari. La più attendibile sta però altrove. Nel senso di colpa, o almeno nell’imbarazzo di un mondo politico che, nonostante la diffusa indignazione per i privilegi della “casta”, non è stato capace di eliminarli in modo deciso, strutturale, omogeneo. Come si fa, in questo frangente, a contestare la “restituzione” di qualcosa che tanti considerano a torto o a ragione come un furto? Con che faccia lo si argomenta? È probabile, allora, che l’imbarazzo metta in secondo piano l’invasione di campo di FacciAMO Scuola, come se a restituire innocenza bastasse l’origine delle risorse. “Lodevole iniziativa”, dichiara infatti l’UdS, limitandosi a segnalare che ci vorrebbero ben altre risorse per risolvere i problemi della scuola.

Ma la vicenda resta controversa, e da più lati. A convincersene basterebbero la Costituzione e la normativa, fino alle precisazioni della Buona Scuola sullo School Bonus. Ma c’è da interrogarsi anche sull’apparente assenza di dubbi delle scuole che partecipano ai bandi e ai “Restitution Day”. Si può spiegare anche questo con la fragilità e il disorientamento di un paese oppresso da tanti problemi irrisolti, o c’è anche qualcosa che non va nell’interpretazione che talora affiora dell’autonomia scolastica e del ruolo della sua dirigenza?

Fiorella Farinelli

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