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Competenze e obbligo di istruzione: la scadenza di giugno

Pubblicato il: 14/01/2011 15:19:49 -


Certificazione delle competenze culturali acquisite dallo studente alla conclusione dell’istruzione obbligatoria decennale: una ipotesi di lavoro.
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Nel prossimo mese di giugno i consigli delle classi seconde del secondo ciclo di istruzione dovranno procedere alla certificazione delle competenze culturali acquisite dai loro studenti al termine del percorso obbligatorio decennale. Com’è noto, già da alcuni anni si procede alla certificazione delle competenze alla conclusione della scuola primaria e della scuola media, ma tra le operazioni relative alla conclusione dell’obbligo e quelle già in atto nel primo ciclo corre una differenza non da poco. In queste ultime viene lasciato alle scuole il compito di scegliere sia quali competenze certificare che le relative modalità operative; invece, nel secondo ciclo le operazioni dovranno tener conto sia delle competenze definite e descritte dal Ministero dell’Istruzione con il dm 139/07, che del modello di certificazione che il medesimo Ministero ha predisposto con il dm 9/10.

In effetti, solo le competenze conclusive del percorso obbligatorio decennale hanno una valenza formale ai fini del proseguimento degli studi nell’istruzione o nella formazione professionale o dell’accesso all’apprendistato, mentre le certificazioni effettuate nelle scuole primaria e media hanno solo un carattere di accompagnamento, di sollecitazione e non certo di terminalità. Quindi, a fronte di un’operazione così importante, quale quella certificativa di un primo percorso di studi obbligatorio, l’amministrazione non poteva esimersi dal dettare principi e norme che avessero un respiro nazionale al fine di conferire alla certificazione stessa tutti i crismi della ufficialità.

A ciò va aggiunto che la stessa Unione europea richiede a ciascuno dei Paesi membri di attenersi a criteri comuni di certificazione, a conclusione dei percorsi di base obbligatori e via via lungo le successive qualifiche, diplomi, lauree e alte specializzazioni, per rendere “leggibili” i titoli da parte di ciascun Paese e favorire e sostenere la mobilità dei lavoratori: si veda al proposito la Raccomandazione del 23 aprile 2008 relativa all’istituzione di un Quadro europeo delle qualifiche e dei titoli di studio. E non è un caso che l’Unione europea abbia posto con forza nella Raccomandazione del 18 dicembre 2006 la necessità di certificare in primo luogo, da parte di tutti i Paesi membri, al termine dei percorsi di base, quelle competenze necessarie all’esercizio della cosiddetta cittadinanza attiva, considerate anche come competenze chiave per un apprendimento che vada oltre l’obbligo e prosegua per tutta la vita.

La scelta effettuata dal nostro Ministero, però, è stata un’altra, quella di certificare solo competenze culturali di base, raggruppate in quattro assi culturali pluridisciplinari, competenze che per altro si ritengono “acquisite dallo studente con riferimento alle competenze chiave di cittadinanza” (così recita il dm 9/10). Che cosa significhi “riferimento” non è affatto chiaro, a meno che non si pensi che acquisire competenze culturali sia di per sé il segno di avere acquisito implicitamente anche competenze civiche. È noto a tutti che un giudice, pur competente sotto il profilo culturale e professionale, possa agire negli interessi della mafia; o che esperti ingegneri mettano sabbia invece di cemento nei piloni di pubblici edifici, come il terremoto de L’Aquila insegna. In casi di questo tipo dove sono le competenze di cittadinanza? Il fatto è che non esiste una corrispondenza univoca tra competenze civiche e competenze culturali. A meno che – e questo è un sospetto cattivo – non si sia operata una scelta di questo tipo credendo di rendere meno impegnativo il compito degli insegnanti che per la prima volta nella storia della nostra scuola si trovano a dover certificare competenze, compito ben diverso rispetto alla consueta valutazione degli apprendimenti. Ben diverso, ma fino a un certo punto, se è vero che, come leggiamo nel dl 137 del 2003, art. 3, c. 2, anche le competenze dovrebbero essere valutate con i voti decimali di sempre. Anche se tale norma riguardava solo il primo ciclo e nel prosieguo ha subìto correzioni, resta il fatto che da parte del Ministero non è mai stata fornita alcuna chiarezza sulla differenza che corre tra il valutare e il certificare.

Com’è noto, la valutazione decimale si esercita sulla conoscenza/acquisizione, da parte dello studente, di determinati contenuti, per la quale sono previsti voti minimi e massimi, da 1-5 a 6-10. Andrebbe anche considerato che la valutazione di criterio, adottata nella scuola dell’obbligo con la legge 517/77 è altra cosa, come altra cosa sono la valutazione iniziale e quella formativa: il che richiederebbe discorsi più approfonditi che gli insegnanti del resto già conoscono. Certificare significa, invece, accertare che un soggetto abbia effettivamente acquisito e consolidato date competenze, come esiti di conoscenze e di abilità via via rilevate nel corso di un dato periodo di apprendimento. L’accertamento può essere effettuato da un soggetto esterno, o, nel caso dell’obbligo, da un soggetto interno, il consiglio di classe che per due anni ha seguito lo studente. Nel primo caso si è sottoposti a un vero e proprio esame. È il caso della patente automobilistica, quando è l’esaminatore della Motorizzazione che valuta le conoscenze (i livelli essenziali della struttura e del funzionamento del motore, la segnaletica stradale ecc.) e le abilità (la vista, l’udito, le mani – volante, leva del cambio – i piedi – acceleratore, freno – il coordinamento delle funzioni e così via) che concorrono al costituirsi della competenza alla guida, certificata poi dalla patente. Ed è anche il caso del cosiddetto Bilancio di competenze, quando un ente a ciò deputato valuta con opportune prove, colloqui, esami di documenti e altro, quali competenze è in grado di esibire e di dimostrare un soggetto in cerca di un primo o di un secondo lavoro, o che necessiti di una ulteriore formazione.

Nel nostro caso la situazione è diversa: non c’è un esame finale da sostenere, in quanto gli attori della certificazione sono gli stessi insegnanti che per due anni si sono confrontati con il soggetto. E ancora: le competenze indicate dal decreto, afferenti ad assetti culturali di base pluridisciplinari sono descritte ad ampio spettro, non hanno lo stesso rigore che potrebbero avere competenze di carattere professionale. quelle di un cuoco o di un chirurgo. Ad esempio, per quanto riguarda l’asse dei linguaggi, il saper “padroneggiare gli strumenti espressivi e argomentativi indispensabili per gestire l’interazione comunicativa verbale orale in vari contesti” si può prestare a mille interpretazioni, perché anche Bruno Vespa e Daria Bignardi dimostrano di avere acquisito una simile competenza. D’altra parte, però, io stesso avrei serie difficoltà nel “leggere, comprendere e interpretare testi scritti di vario tipo”, se si tratta di alta matematica, di relazioni scientifiche, o delle stesse sentenze della Consulta, essendo io privo di quelle enciclopedie, quei vocabolari, quelle presupposizioni che sono sottintese a ogni linguaggio specialistico. Il che significa che di ciascuna competenza il consiglio di classe dovrà fare l’opportuna tara, perché si trova di fronte a un sedicenne che termina un ciclo di istruzione di base.

A questo fine occorre considerare con la dovuta attenzione le abilità e le conoscenze che afferiscono a ciascuna delle competenze terminali. All’inizio del biennio, in sede di avvio della programmazione biennale, il consiglio di classe in prima istanza dovrebbe considerare le competenze conseguite dall’alunno al termine della scuola media, come formalmente dichiarate dai titoli prodotti e accertate in sede di rilevazione iniziale. In secondo luogo, progetterà le attività curricolari tenendo presente che le competenze culturali relative alla conclusione dell’obbligo “assicurano l’equivalenza formativa di tutti i percorsi, nel rispetto dell’identità formativa e degli obiettivi che caratterizzano i curricoli dei diversi ordini, tipi e indirizzi di studio” (dm 139/07, art. 2, c. 2). Il che significa che le competenze culturali acquisite si innestano sulla specificità delle singole discipline come indicate e descritte dalle Indicazioni nazionali per i Licei e dalle Linee guida per i Tecnici e per i Professionali. Pertanto, se la descrizione di una determinata competenza può apparire ampia e generica nella formulazione adottata dal Ministero, acquista invece concretezza e spessore laddove nelle suddette Indicazioni e Linee guida sono specificate, disciplina per disciplina, le relative abilità e conoscenze. I consigli di classe – insisto sulla collegialità delle operazioni proprio per sottolineare l’esigenza di un’ottica pluridisciplinare – dispongono così di un cospicuo corredo di elementi: abilità e conoscenze come descritte: a) nel dm 139/07; b) nelle Linee guida; c) nelle Indicazioni nazionali, anche se, in questo caso, secondo criteri meno dettagliati e più discorsivi.

Ciò detto, se il consiglio di classe al termine del biennio è tenuto a certificare quale dei tre livelli, di base, intermedio e avanzato (dm 9/10) abbia raggiunto lo studente X in ordine alle tre competenze relative alla padronanza della lingua italiana, lo stesso consiglio di classe, in fase di programmazione avrà dovuto scegliere quali criteri adottare per seguire giorno dopo giorno il graduale sviluppo di tali competenze. Si tratterà di criteri/indicatori desumibili sia dalle fincature “abilità/capacità e conoscenze”, di cui al dm 139/07, che dalle fincature delle Linee guida e dagli Obiettivi specifici di apprendimento delle Indicazioni. La stessa operazione vale per le competenze disciplinari e pluridisciplinari relative a ciascuno dei quattro assi culturali.

So che l’ipotesi di lavoro provoca un’immediata reazione da parte di molti insegnanti, ai quali la prossima certificazione apparirà come un’imposizione perché le informazioni ufficiali al proposito sono sonoramente mancate! E si conteranno sulla dita i consigli di classe che abbiano lavorato secondo i criteri indicati. A questo proposito va sottolineata l’inadempienza del Ministero che fin dal settembre del 2007 – il dm istitutivo è del 22 agosto di quell’anno – avrebbe dovuto dare indicazioni al riguardo, stante il fatto “l’obbligo di istruzione… decorre a partire dall’anno scolastico 2007/2008”, come si esprime il dm 139/07, art. 1, c. 3. Quali ragioni hanno impedito all’Amministrazione di dare indicazioni alle scuole fin dall’avvio dell’anno scolastico 2007/08? Nessuno pretende che l’Amministrazione dovesse dettare alle scuole la didattica da adottare, perché l’autonomia affida alle istituzione scolastiche tale compito, ma le indicazioni di cornice dovevano essere date. Né regge l’argomento che l’amministrazione non poteva procedere perché doveva essere ancora adottato il modello di certificazione “sentita la Conferenza permanente” (dm 139/07, art4, c. 3). Nel giro di ben due anni scolastici, 2007/2009, non si poteva procedere in tal senso? Tanto più che, quando si legge il modello di certificazione, non sembra davvero che un documento siffatto abbia dovuto richiedere un parto di quasi tre anni: dall’agosto 2007 al gennaio 2010!

Tutto quanto abbiamo detto finora implica che nel prossimo giugno molti consigli di classe “dovranno arrangiarsi”, come si suol dire e come spesso avviene nella nostra scuola ormai da alcuni anni. Comunque, fin dal settembre scorso, i consigli di classe e i dipartimenti avrebbero dovuto cominciare a programmare nelle direzioni sopra indicate, stante il fatto che era loro noto il modello di certificazione pubblicato dal Miur nel gennaio 2010. Va infine sottolineato che, nel prosieguo del tempo, dovrebbe farsi strada il principio che, se si vuole veramente garantire ai nostri giovani di raggiungere le competenze culturali e civiche di base alla fine del percorso obbligatorio, occorre mirare a questo obiettivo finale fin dalla prima classe della scuola primaria, se non dalla stessa scuola per l’infanzia. Di tali competenze tutti i docenti dovrebbero essere consapevoli e responsabili per consentire ai loro alunni di raggiungerle gradualmente secondo i diversi livelli di età. Tutto ciò, se veramente si vuole che il curricolo dell’obbligo abbia uno sviluppo verticale, continuo e progressivo! Ma ciò propone una rivisitazione, o per lo meno un coordinamento delle Indicazioni nazionali e delle Linee guida di tutti i tre gradi di istruzione.

Per approfondire:
• VIDEO – Maurizio Tiriticco: la certificazione delle competenze (10:09, prima parte)

Maurizio Tiriticco

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