Clotilde Pontecorvo ricorda Paul Ginsborg

Ho conosciuto Paul Ginsborg nella Commissione, cosiddetta dei Saggi, istituita dal Ministro della Pubblica Istruzione Luigi Berlinguer, per discutere dei nuovo contenuti della scuola secondaria superiore. La Commissione composta da una cinquantina di persone era molto composita. Ne facevano parte alcuni studiosi, artisti di varie arie, un grosso drappello di ispettori tecnici. Dal coordinamento scientifico di Roberto Maragliano scaturì un gruppo ristretto di cui feci parte anche io, oltre a Paul Ginsborg, l’antichista Giovanni Reale, la sociologa dell’Educazione Luisa Ribolzi, lo storico della Filosofia Mario Vegetti e il filosofo della Scienza Silvano Tagliagambe.

Al documento finale del gruppo di lavoro ristretto, Paul Ginsborg apportò il suo contributo di storico britannico, molto esperto di Storia italiana contemporanea aveva attivamente contribuito con il bel libro “L’Italia del tempo presente” (Einaudi editore) i cui protagonisti erano insieme “la famiglia, la società civile e lo Stato” fino alla crisi della Repubblica dei partiti e alla fine del terrorismo nonché alla vittoria elettorale di Silvio Berlusconi. Successivamente, dopo aver lasciato la cattedra a Cambridge divenne Professore di Storia all’Università di Firenze dove partecipò attivamente anche alle iniziative di sinistra alternativa.

Ginsborg continuò lo studio della famiglia nelle diverse culture del Novecento dalla Russia zarista e Sovietica alla Germania di Weimar e del nazismo all’Impero Ottomano, promuovendo insieme delle iniziative di sinistra alternativa, come i girotondi, per rivitalizzare la democrazia italiana. Lo scambio intellettuale con Paul Ginsborg nel gruppo ristretto di Berlinguer fu molto sollecitante per me. Lui conosceva e amava molto la cultura italiana ma la osservava criticamente dal punto di vista della cultura, anche educativa, inglese che lo aveva plasmato nella sua identità professionale.

Provo rimpianto per non poter più avere occasioni di confronto con lui, per la sua prematura scomparsa.

Clotilde Pontecorvo

Roma, 18 maggio 2022

Nota della redazione 

“Qualche riflessione sull’insegnamento della Storia nelle scuole italiane”. Questo è il titolo  del testo che Paul Ginsborg pubblicò a conclusione del suo impegnativo lavoro nella Commissione  “dei Saggi” cui, Ministro Berlinguer, era stato affidato il compito di indicare “Le conoscenze fondamentali per l’apprendimento dei giovani nella scuola italiana nei prossimi decenni “(annali della pubblica istruzione: i materiali della Commissione dei Saggi, Le Monnier, Firenze, 1997). Dopo un’illuminante premessa in cui, riassunte in due punti le qualità “dell’insegnare la Storia” (l’apprendimento, da parte degli studenti, delle linee fondamentali dello sviluppo storico e la capacità di mantenere e di stimolare l’entusiasmo per la materia), concludeva: In parole povere, studenti annoiati sono studenti che non imparano. Da qui un elenco in sei punti delle debolezze dell’insegnamento della Storia nel nostro paese: 1) uso del manuale come unico strumento, 2)  tipo di Storia che si insegna (istituzionale, diplomatico – militare.) e assenza quasi completa della storia sociale, della storia delle donne, delle differenze di genere ecc., 3) i cicli ripetitivi di apprendimento, 4) la perdita del racconto come misura e metodo di insegnamento/ apprendimento, 5) il fatto che anche nella scuola superiore la disciplina è solo orale, 6) il fatto che chi insegna Storia, in genere, ha una laurea in Filosofia e quindi poca dimestichezza con gli indirizzi ed il dibattito storiografico più recente.

Quali i possibili rimedi “per creare un clima per l’apprendimento nel quale la Storia possa prosperare, nuovi modi attraverso i quali gli studenti, specialmente nella scuola secondaria superiore, possano acquisire competenze storiche su cui essere esaminati, nuovi modi di integrare le più tradizionali metodologie storiche con quelle più recenti?” Al primo posto, Ginsborg indicava l’introduzione di una pluralità di strumenti accanto al manuale, che dovrebbe essere affiancato sia da testi di divulgazione scientifica (una capacità attualmente quasi completamente assente in Italia) per suscitare l’interesse dei giovani, per avviarli a viaggi di scoperta, sia da materiali audio-visivi da introdurre a tutti i livelli di scuola. In questa prospettiva non pretendere di far apprendere ogni cosa (obbiettivo di fatto impossibile), ma fornire quadri generali all’interno dei quali individuare aspetti su cui fissare lo studio attraverso un lavoro di progettazione di percorsi e di approfondimenti individuali e collettivi su temi e argomenti. Qui Ginsborg insisteva molto sulla fondamentale importanza che gli studenti imparino a gestire la responsabilità di scrivere progetti, attraverso i quali possano assumere capacità sull’organizzazione e la ricerca del materiale, come sulla presentazione degli argomenti – che rimarranno essenziali per tutta la loro vita.  Ed infine il tema della interpretazione storiografica come chiave di introduzione alle metodologie dei saperi storici. Per tutto questo, Ginsborg auspicava un collegamento saldo e continuo fra Ministero e Università per una formazione degli insegnanti adeguata a questi nuovi impegni, perché è all’insegnante che sarà affidata la realizzazione delle riforme ora (!!!) auspicate. Gli insegnanti devono essere incoraggiati a pensare che essi possono insegnare la Storia in modo più innovativo e dinamico ed essere preparati a farlo.

Come si legge dal testo di Paul Ginsborg, il suo punto di vista di grande storico britannico che conosceva in modo accurato e critico la Storia e la Didattica della Storia del nostro paese apportò un contributo molto stimolante alla Commissione dei Saggi. 

 

Clotilde Pontecorvo