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Pensare, sentire, volere: per una pedagogia della meraviglia

Pubblicato il: 21/03/2015 19:17:42 -


La differenza fra istruire ed educare sta nella capacità di rivolgersi alla persona in tutta la sua complessità. Una didattica che nutra pensieri, sentimenti e volontà, attraverso la psicomotricità, la musica e l’arte apre al bambino una finestra sul mondo partendo dal primo moto verso la conoscenza: la meraviglia.
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Un’azione educativa porta frutti se migliora le persone. Come diceva Gandhi, «la vera educazione è quella che fa divenire mentalmente aperti e moralmente eccellenti».
Dall’osservazione delle esperienze scolastiche – a fianco ad esempi egregi e a pratiche di eccellenza – trapela a volte un eccesso di astrattezza che pervade le attività didattiche. Le attività educative, le ‘spiegazioni’, dovrebbero tenere in maggior riguardo la conformazione della persona e le fasi di sviluppo individuali, secondo una vera e propria ottica pedagogica ovvero secondo un’antropologia pedagogica. Affinché un messaggio sia efficace, affinché colpisca nel profondo e cambi colui al quale è rivolto, occorre conoscere la struttura dell’essere umano. Non bastano prescrizioni astratte, comandi mentali: occorre saper toccare le corde profonde dell’interiorità; altrimenti otteniamo indifferenza e rifiuto. Quando si tratta non solo di istruire, ma di educare, nel senso più pieno del termine, ci si deve rivolgere alla persona in tutta la sua complessità, a tutti gli elementi che armonicamente la compongono.

C’è differenza tra “comprendere” e “capire”.
Capire rimanda al concetto di capacità, che è un termine con più significati. Si parla infatti di capacità per riferirsi all’abilità di una persona, ma anche per indicare la capienza di un recipiente, che è tale proprio in quanto può riempirsi e poi svuotarsi. Capire equivale perciò ad afferrare un concetto, ma con la possibilità di perderlo, di svuotarsene, senza acquisirlo in profondità.
Comprendere indica invece un’assunzione profonda e più piena di un concetto, che si imprime nella memoria e rimane acquisizione stabile della persona, in grado di incidere nei comportamenti. Il nesso tra l’apprendimento e la memoria ci rivela la complessità dell’essere umano, complessità di cui troviamo traccia nella stessa lingua italiana. Infatti, per denominare gli atti della memoria, la nostra bella e ricca lingua ricorre a tre verbi.
Il primo è rammentare, che propriamente sta per “riportare alla memoria con la mente”. Si rammenta un numero, un indirizzo, un dato mnemonico appunto, ciò che è frutto di un mero processo mentale.

Vi è poi il ricordare, che è il termine usato più di frequente. Ri-cordare viene dal latino recordari, verbo composto da cor, cordis «il cuore» col prefisso re-, cioè: “rimettere nel cuore, avere memoria con il cuore”.
Esiste ancora un altro termine per gli atti della memoria: il rimembrare. È una parola piuttosto desueta, certamente nota per la celebre poesia di Leopardi ‘A Silvia’, ma importante perché, proprio come nel verso del Poeta, indica che la memoria può toccare la sfera della volontà (collegata alle ‘membra’, ossia agli arti, al movimento). Nel “…rimembri ancora…” l’immagine della memoria vibra in profondità, s’intreccia con la speranza, e indica una tensione verso, cioè un moto della volontà.
Ecco che i tre verbi indicanti gli atti della memoria rivelano la struttura complessa della psiche, articolata in pensieri, sentimenti e volontà. Educare la persona vuol dire allora mettere in moto tutte le sue componenti, coinvolgere non solo la razionalità, ma anche cuore e volontà.

Nelle scuole si tende a sviluppare la formazione della sola facoltà mentale, col rischio di sacrificare l’allievo ai contenuti; ritenere che possa esistere un «pensato» che ha valore perfino senza «un pensiero che lo pensa». Non è un caso che il linguaggio comune definisca l’insieme delle conoscenze con il termine di materia: qualcosa di pesante, di opaco, l’esatto contrario della leggerezza e della trasparenza.
Avremo quindi una crescita asimmetrica, disarmonica, che in modo figurato potremmo rappresentare con una grande testa ed un corpo filiforme, proprio alludendo ad un’intellettualità – meglio, una cerebralità – ipersviluppata e assorbente.
Ma in termini didattici, che cosa vuol dire “nutrire armonicamente pensieri, sentimenti e volontà congiunti”? Significa che l’insegnamento non deve rivolgersi solo al cervello, ma anche alle altre componenti della psiche, coinvolgendo la corporeità. Per questo è importante che sin dalla scuola dell’infanzia si presti attenzione alla psicomotricità, alla musica, all’esperienza artistica, le quali, per attivarsi, necessitano di muovere insieme tutte le componenti dell’essere umano. La musica e l’arte “commuovono”, ossia “muovono insieme” pensieri, sentimenti e volontà, e certamente anche il corpo. Non vi può essere artista o musicista con una testa enorme e un corpo filiforme. La musica e le arti figurative nascono dalla percezione, prendono forma nell’interiorità, si animano nel movimento, nel ritmo, nella figura e nel colore, ma rielaborate personalmente, con l’impronta unica e irripetibile di chi le produce. Arte e musica non devono continuare ad essere intese in funzione ancillare delle grandi discipline: la matematica, la lingua e la letteratura, la storia e la geografia…quasi come svago, occupazione marginale e non essenziale (puoi essere stonato, ma se non sai di economia e diritto non ti fai strada nella vita…). Esse sono invece il caposaldo della vera educazione, l’asse attorno a cui far girare la didattica, invertendo così il moto inverso e involuto dell’astrattezza rozza e pesante.

Si tratta, in definitiva, di aprire una finestra sulla realtà, di far osservare e portare a riflettere, ma anche di “sentire” gli altri, di rendere il bambino in grado di inserirsi volitivamente nel mondo e ammirarlo, indagarlo con tutti i sensi (anche di immaginare di cambiarlo per renderlo migliore), partendo, se possibile – come diceva Aristotele – dal primo moto che muove ogni essere umano verso la conoscenza: la meraviglia.

Approfondimenti: R. Ciambrone, Immaginazione e apprendimento, Anicia, Roma 2014

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Immagine in testata di Aforisticamente

Raffaele Ciambrone

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