Cinque domande ai presidi – risposta di Claudio Salone

Le cinque domande el le risposte:

1) Ritiene che la lunga stagione della partecipazione ai processi decisionali nella scuola, che nel 2000, con il DPR n.275, ha ricevuto un nuovo e determinante impulso con l’autonomia didattica e organizzativa , possa persistere con l’innesto di funzioni monocratiche attribuite al dirigente scolastico? E, in tal caso, quali sono le condizioni migliori per una potenziale “alleanza” dentro la singola scuola ?

Il dirigente scolastico è già da tempo un organo monocratico. Il problema sta nell’armonizzare tale “natura” con il governo collegiale così come previsto dai Decreti Delegati. Si tratta di una questione irrisolta (vedi il D.Lgs. 165/01 art. 25, il quale assegna al DS: “la gestione unitaria dell’istituzione, autonomi poteri di direzione, di coordinamento e di valorizzazione delle risorse umane”, ma ribadisce “nel rispetto delle competenze degli organi collegiali”), perché posta al bivio tra due modi di concepire il sistema scolastico, l’uno sostanzialmente affidato alle comunità dei professionisti e dei portatori di interesse presenti sul territorio, con un ruolo residuale, pur se fondamentale, di mero controllo e indirizzo del MIUR; l’altro in cui il sistema resta saldamente governato dal centro, “sentite” le comunità sui territori. Se non si esce da questo primo bivio, l’ambiguità delle relazioni tra DS e Organi Collegiali resterà immutata. Più che di alleanza proporrei una chiara divisione di compiti e di ambiti di responsabilità. Al DS dovrebbe essere messa in capo, fornendolo di un adeguato grado di libertà e di conseguente responsabilità, la gestione dei processi, delineati, questi collegialmente, dai chi nella scuola lavora (shareholders), dai portatori di interessi (stakeholders)e dai loro rispettivi rappresentanti.

2) Come dovrebbe essere strutturato, a suo avviso, il soggetto responsabile dell’azione educati-va (insieme dei docenti che hanno responsabilità di una singola classe cioè il consiglio di classe) per rispondere all’esigenza di lavorare, sostenere, stimolare e costruire basi di com-petenze solide, capaci di innestare in prospettiva saperi sempre più specializzati per gli stu-denti? Questo potrebbe essere l’unico interlocutore adeguato di un Ds che deve provvedere a gestire l’organico funzionale, auspicando e garantendo nuove assunzioni, ma anche ridimensionamenti di organico?

Il consiglio di classe andrebbe sottoposto a una profonda revisione per quanto attiene le sue funzioni e i suoi compiti di fondamentale e irrinunciabile soggetto plurale di indirizzo didattico e di valutazione dello studente. Oggi agisce spesso come un organismo che officia uno stanco rituale, in cui prevalgono generiche esposizioni ovvero bizzarre modalità valutative (ad esempio: “se gli (o le) tolgo la matematica, tu dagli (o dalle) filosofia”, che è come sommare le pere con le mele. Oppure: “io l’ho già aiutato (sic!) in storia, non posso farlo anche in italiano”. Sarebbe interessante a questo proposito studiare i verbali dei consigli di classe prodotti nell’ultimo decennio). Il CdC dovrebbe invece tornare al centro dell’azione didattica, con pesi e funzioni rese autentiche da una decisa azione formativa rivolta ai docenti. L’interlocutore del DS deve tuttavia restare la comunità scolastica nel suo insieme, che chiede al DS di portare a compimento il Piano dell’Offerta Formativa nei termini e nei tempi previsti, lasciandogli la completa libertà di scegliere i modi e le risorse da impiegare. Per far ciò è necessario eliminare le strettoie presenti anche nel DDL sulla “Buona Scuola”. L’organico funzionale (quello del DDL non è un vero organico funzionale, essendo previsto in buona sostanza solo per fornire supplenze e per ampliare l’offerta f.) deve essere assegnato direttamente alle scuole all’inizio del periodo di attuazione del POF, secondo parametri nazionali ben definiti e chiari e senza ulteriori “”verifiche di congruità” a livello regionale. Gli USR (da eliminare o da ridimensionare drasticamente, a seconda dell’indirizzo che la riforma incipiente del Titolo V prenderà) hanno di fatto impedito finora che si attuasse quanto già previsto im merito alla realizzazione dei curricola dell’autonomia.

3) Dalla lettura del disegno di legge, relativamente alla figura del preside, ha riscontrato ridon-danze rispetto a attribuzioni e strumenti che già esistono? Ha riscontrato elementi di buon senso che possono essere realizzati anche da subito, vista la legislazione vigente? Ha riscon-trato funzioni che non si aspettava e che non ritiene pertanto attribuibili a un preside così come è oggi e come si configura ancora nel testo della buona scuola? Ha riscontrato ele-menti non accettabili per l’idea che lei, nello svolgimento del suo lavoro, si è fatto dei com-piti di un dirigente?

Tenendo presente che la situazione è in profonda evoluzione (con gli ultimi emen-damenti presentati dall’on. le Coscia mi pare siamo tornati al punto di partenza), penso che la “legislazione vigente” sia oggi fortemente disomogenea e contraddittoria. Prima di ogni percorso riformatore, bisognerebbe fare il punto ed elaborare un nuovo Testo Unico delle disposizione normative sulla scuola, in modo tale da fondare il nuovo su un terreno giuridicamente sicuro. Nel caso del preside nel DDL mi pare si sia trattato di un’operazione di maquillage politico, che cavalca il pensiero oggi dominante dell’”uomo solo al comando”, insofferente dei lacci e dei lacciuoli che la discussione, parlamentare e non, introduce nei processi decisionali. In questo senso il DS sarebbe affatto diverso dal “leader educativo” che tanta letteratura ha contribuito positivamente a definire.

4) Ritiene che la novità del piano triennale dell’offerta formativa – al di là della troppo generica espressione “volto a potenziare e valorizzare le conoscenze e le competenze degli studenti e l’apertura della comunità scolastica al territorio”- possa offrire una prospettiva valida per lo sviluppo dell’autonomia della scuola?

E, in tal caso, quali sono gli strumenti necessari per l’attuazione di una programmazione triennale dell’attività didattica? Programmare con un più vasto respiro l’OF è utile e necessario. In questo senso, la triennalità rappresenterebbe sicuramente un progresso. Purché anche l’assegnazione di tutte le altre risorse, ivi comprese quelle di organico, sia analogamente temporizzata. Un organico funzionale esteso a tutti, docenti, ma anche personale ATA, il grande e ingiustificato assente del DDL, deve essere stabile e consolidato per il medesimo triennio di riferimento, senza essere soggetto alle oscillazioni dovute a perdite o incrementi della popolazione scolastica.

5) La novità della scelta, da parte del Ds, dei docenti da assegnare all’organico dell’autonomia, con la proposta di incarichi di docenza agli iscritti negli albi territoriali di nuova istituzione, sarà in grado di trovare una rapida attuazione nel quadro dell’attuale sistema dei reclutamen-to del personale docente?

L’istituzione di albi territoriali regionali o, come meglio sarebbe, interni a reti territoriali di scuole, mi pare positiva. Meno positiva l’esclusione degli Organi Collegiali, prevista nel DDL, da ogni ruolo nel processo di valutazione e di individuazione delle risorse, lasciato tutto in capo al DS. Ai primi dovrebbe invece spettare la definizione rigorosa e inequivoca dei criteri con cui procedere alla scelta del personale da utilizzare per il Piano dell’Offerta Formativa Triennale. Al DS l’individuazione dei titolari di contratto, secondo un libero e personale convincimento, ma pur sempre entro una cornice definita dalla comunità scolastica nel suo insieme.

Vai all’articolo “Perché cinque domande ai dirigenti scolastici?” di Giuseppe Fiori e Vittoria Gallina.

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Immagine in testata di Chiamato a essere/Blog

Claudio Salone