Quattro idee forza per rinnovare i licei
Prima di affrontare qualunque ipotesi di riforma, occorre porsi un’unica, decisiva, domanda: “Serve?”. Nel caso dei licei, la risposta è stata, inequivocabilmente, sì. Il quadro dell’attuale sistema liceale risulta schizofrenico. Da un lato, il suo assetto è rimasto fermo alla legge Gentile del 1923. Dall’altro, nel tentativo di modernizzare a legislazione invariata, si è dato il via a una ridda di “sperimentazioni” che ne hanno reso le caratteristiche spesso irriconoscibili, concepite e realizzate per lo più aumentando le discipline e ingigantendo i quadri orari.
Una stagione che ha spinto l’istituzione liceale lungo i binari di una “innovatività”, come dimostrano i deludenti dati sugli apprendimenti, non sempre congruente con la funzione del sistema di istruzione: e cioè, detto in termini brutalmente concreti, il livello di preparazione degli studenti alla fine del ciclo.
Occorreva, dunque, fare ordine. Riportare chiarezza di indirizzi, ruolo e funzione al sistema. La riforma è stata concepita partendo da quattro idee forza.
La prima idea forza è stata che il liceo andava riformato assieme all’intero secondo ciclo dell’istruzione in base al principio della differenziazione nella pari dignità. C’è un nucleo di “competenze chiave di cittadinanza” da far conseguire a ciascuno studente a prescindere dal tipo di scelta compiuta, ma c’è altrettanto forte l’esigenza di dare a ciascuno la sua scuola.
La scommessa è stata di “tornare all’antico”, di progettare sistemi distinti, convinti che la chiave del successo formativo non sia abbassare l’asticella dei risultati da conseguire o uniformarli in una sorte di notte dove tutte le vacche sono grigie, ma al contrario di tracciare percorsi chiari e definiti, che valga la pena percorrere perché ciascuno li sente propri. È la migliore via per sconfiggere la sciatteria con cui lo studio è affrontato e la dispersione di troppi studenti che si allontanano dall’istruzione non perché troppo difficile, ma perché non dà loro la sensazione che “ne valga la pena”.
La seconda idea forza è stata circoscrivere materie e quadri orari, convinti che la strada dell’ipertrofico aumento delle une e degli altri abbia avuto come effetto la sindrome “dell’infarinatura”: si crede di sapere un poco di tutto, senza in realtà “conoscere” nulla, si passano sette, otto ore a scuola al giorno e si torna, a casa senza l’energia per studiare da soli o in gruppo, senza il tempo e la forza per “imparare”. Meglio, allora, alzare l’asticella su un numero circoscritto di materie, consentendo a ciascuno di approfondirle, rafforzarle, lasciarle sedimentare.
La terza idea forza è che l’autonomia è una risorsa. Per questo ogni istituzione scolastica ha ampia possibilità di progettare i percorsi a seconda delle proprie caratteristiche e della propria storia, delle eccellenze professionali, delle sperimentazioni meglio riuscite, intervenendo sugli orari, attivando altre materie elencate in un apposito repertorio, coinvolgendo esperti esterni, collegandosi col territorio e creando reti tra scuole, tra scuole e istituzioni culturali, tra scuole e mondo del lavoro.
La quarta idea forza è agganciare tradizione e modernità. Creare, recuperando alcune sperimentazioni riuscite, come il liceo linguistico, il liceo delle scienze umane e il liceo musicale e coreutico, nuovi indirizzi che colleghino la cultura liceale al mondo contemporaneo. Prevedere che una materia non linguistica sia insegnata in lingua straniera. O capire che l’informatica e i nuovi media tagliano trasversalmente la didattica e sono strumenti di insegnamento più che una materia a sé. Oppure stabilire che si può apprendere, anche in un percorso liceale, in contesti lavorativi. Esigere che le conoscenze si trasformino in competenze, secondo quanto ci dice l’Europa: una indicazione che ci fa ritornare, circolarmente, alle altre idee forza, perché la competenza presuppone il pieno possesso della conoscenza.
C’è, sullo sfondo, una quinta idea forza, che troverà realizzazione nel regolamento sulla formazione iniziale dei docenti e nella rivisitazione delle indicazioni nazionali: occorre, certo, costruire buoni binari. Ma occorre far correre lungo i binari buoni vagoni (i programmi) e avere eccellenti guidatori (i docenti). Solo così la più importante infrastruttura italiana, l’infrastruttura del sapere, potrà far viaggiare il nostro futuro.
Max Bruschi