“Aula 3.0”, la classe flessibile del futuro

Pochi mesi fa gli studenti dell’ITS “Luca Pacioli” di Crema, entrando nella propria classe, si sono trovati di fronte a una sorpresa: l’aula è priva di banchi e di cattedra; la classica lavagna nera (con i gessetti) è sparita.
Lo sbalordimento è stato quello di trovarsi di fronte a un’aula arredata con tavoli colorati di forma circolare, scomponibili, adatti a essere utilizzati per il lavoro di gruppo.

Sulle pareti, al posto delle cartine geografiche, sono presenti grandi pannelli orizzontali opachi, scrivibili e magnetici.

Ci sono quattro lavagne interattive di grandi dimensioni, in ogni unità di lavoro c’è il videoproiettore connesso a un computer, collegato a sua volta a internet attraverso la rete WIFI e al Cloud della scuola.

E ci sono anche i carrelli con le stampanti wireless multifunzione.

Le sorprese non sono finite.

In quest’aula l’insegnante non fa la classica lezione frontale, non interroga nessuno, anzi spiega che non è necessario imparare a memoria, ma d’ora in poi l’importante sarà apprendere un metodo basato sull’“Inquiry Learning”, cioè su processi di apprendimento fondati sull’esperienza e sull’indagine.

L’aula così si configura come un laboratorio attivo di ricerca.

Il modello si chiama “Aula 3.0”: le tecnologie digitali e gli arredi si muovono in stretta relazione con gli spazi dell’aula, che vengono modificati ogni volta in base alle esigenze didattiche.

Il modello Aula3.0 è la classe del futuro?
Possiamo affermare che il futuro è già iniziato.

In questi ultimi dieci anni è cresciuta la consapevolezza che per elevare la qualità dell’apprendimento è necessario ridisegnare la modalità del lavoro che si svolge nella classe, ancora oggi incentrato prevalentemente sulla lezione frontale.

L’introduzione delle nuove tecnologie in ambito scolastico – la lavagna interattiva, il tablet e la lezione via web – sta contribuendo a rinnovare i criteri per organizzare la lezione. Infatti, le esperienze messe in atto dal MIUR, con particolare riferimento al progetto “Cl@sse2.0”, hanno dimostrato che l’apprendimento non si svolge solo nello spazio fisico dell’aula, che risulta essere sempre più inadeguato, ma avviene in ambienti “virtuali”, in spazi che vanno oltre la scuola che investono gli “ambienti quotidiani” di vita dello studente.

In molti Paesi del Nord Europa, nella progettazione di nuovi edifici scolastici, l’unità di base non è più considerata l’aula, ma la costruzione delle scuole parte da ambienti di apprendimento polifunzionali.
Anche nel nostro Paese ci sono molte esperienze significative dove l’aula tradizionale è stata superata.
Penso, per esempio, al progetto “Scuole Senza Zaino”[d’ora in poi SZ], un movimento partito dal basso, che coinvolge oltre 75 scuole, più di 6700 alunni e circa 650 insegnanti della scuola dell’infanzia, della scuola primaria e secondaria di primo grado.
Se entriamo in un’aula SZ non troviamo né la cattedra né i classici banchi, troviamo invece lo spazio articolato in aree di lavoro con postazioni per la matematica, le lingue, le arti, le scienze e le aree per attività di socializzazione e relax.

Il rinnovamento in questa direzione prevede che anche arredi e attrezzature assumano un’importanza decisiva nello sviluppo di metodologie interattive e collaborative tra gli studenti e gli insegnanti.
Va ricordato come, a partire dagli anni Settanta, l’ambiente fisico, gli spazi e gli arredi sono stati oggetto della ricerca di Loris Malaguzzi, condotta nelle scuole dell’infanzia di Reggio Emilia.

Le esperienze portate avanti in questi anni stanno dimostrando che se si vuole effettivamente rinnovare la didattica non basta introdurre le nuove tecnologie, è necessario ridisegnare il contesto di apprendimento partendo, anche, dall’organizzazione dello spazio fisico e degli arredi.

In questo contesto l’insegnante va aiutato a progettare una didattica che metta al centro l’apprendimento dello studente, che valorizzi le sue capacità relazionali e le sue conoscenze.

Come cambia il lavoro dell’insegnante in una classe flessibile?

Proviamo a immaginare.

Certo, fare lezione in un’“Aula 3.0” attrezzata con nuove tecnologie e arredi funzionali è senza dubbio stimolante e molto diverso dal fare lezione in modo tradizionale. In un ambiente così strutturato, non possiamo improvvisare, fare una lezione e basta, interrogare gli alunni uno a uno, né possiamo usare il libro di testo; siamo invece costretti a progettare un intervento didattico strutturato e interattivo, molto diverso dalla solita didattica frontale.

Allora cerchiamo di scrivere e progettare le fasi del percorso didattico, prendendo ad esempio una classe quinta del liceo scientifico (la tematica potrebbe andare bene anche per la terza classe della media).

L’argomento che vogliamo introdurre è: il “Futurismo”.

Ne abbiamo parlato con la collega di Lettere, perché l’argomento si presta a un approccio di tipo interdisciplinare. L’obiettivo di apprendimento è quello di fornire agli studenti una metodologia per leggere un’opera d’arte vista in relazione a testi letterari, poetici e musicali.

La proposta si porta all’attenzione in una classe eterogena che esprime bisogni formativi e stili di apprendimento differenziati; è comunque una classe motivata e interessata allo studio.

Come organizziamo il lavoro?

Primo passo:
– spieghiamo l’obiettivo del lavoro;
– evidenziamo le fasi e i tempi necessari;
– definiamo come sarà organizzata l’attività.
Questa fase preliminare è fondamentale per condividere la proposta didattica con gli studenti.
Tempo previsto: 10 minuti.

Secondo passo, l’argomento:
– chiediamo cosa significa il termine “Futurismo”, se ne hanno sentito parlare, se conoscono alcune opere di artisti futuristi;
– contestualizziamo, con una breve lezione e avvalendoci della LIM, il movimento “futurista”, tracciandone un rapido profilo storico, ed evidenziandone i concetti fondamentali.
In questo caso abbiamo disposto i tavoli in forma lineare.
Tempo previsto: 20 minuti.

Terzo passo, alla fine della breve lezione frontale:
– i tavoli vengono ricomposti in forma circolare creando così 5 gruppi eterogeni;
– in ogni gruppo c’è un conduttore/moderatore;
– il gruppo ha il compito di ampliare e approfondire la tematica del “Futurismo”;
– il lavoro di gruppo si basa sulla ricerca e sull’indagine che avviene tramite internet.
– il docente, intanto, gira tra i tavoli, dando suggerimenti, aiutando e supportando il lavoro di gruppo.
Tempo previsto: 40/50 minuti.

Quarto passo:
– si avvia un primo scambio delle informazioni raccolte;
– si organizza in tempo reale una disposizione dei tavoli a semicerchio o a ferro di cavallo;
– gli studenti, uno per gruppo, presentano i risultati e li discutono;
– svolgiamo un ruolo di mediatori;
– guidiamo e indichiamo eventuali sviluppi e approfondimenti.
Tempo previsto: 20 minuti.

Così le 2 ore a nostra disposizione sono terminate.

Da questo momento in poi il lavoro si sviluppa fuori dall’orario scolastico.

A livello individuale ogni studente, dopo aver scelto un’opera “futurista”, dovrà farne oggetto di studio, cercando di analizzare la struttura, i significati, il contesto di formazione, ecc…

Questa fase verrà svolta online condividendo il lavoro con il gruppo-classe e con l’insegnante, che potrà intervenire, se chiamato in causa. Alla fine lo studente dovrà dimostrare di saper capire, leggere e apprezzare la dimensione estetica di una o più opere d’arte, attivando così la consapevolezza per la salvaguardia del patrimonio artistico.

Walter Moro