Verso il lavoro in Italia secondo Scuola Democratica (n.3 2022)

Merita una speciale attenzione il numero 3/2022 della rivista ‘Scuola Democratica’ che presenta questa volta contributi di ricerca, riflessioni, proposte che hanno  l’ambizione e il pregio di misurarsi con temi educativi oggi molto presenti nel discorso pubblico sull’istruzione e con l’attualità  delle policies, quelle che si stanno facendo, che sarebbe urgente fare, che molto probabilmente anche questa volta non si faranno. Una bussola, dunque, per ricostruire un quadro di riferimento culturale e politico coerente, di sinistra e modernizzatore, a una discussione in questi ultimi anni molto frammentata, a cui non ha giovato la distanza tra la ricerca accademica e le modalità prevalenti del confronto  su istruzione, educazione, formazione per il lavoro, bisogni e aspettative  delle giovani generazioni. Uno strumento ancora non esauriente ma molto utile, dunque, sia per gli esperti che per chi opera concretamente nei diversi comparti del sistema, che rilancia in termini nuovi il ruolo e l’impegno civile di una rivista con una grande tradizione.  Di seguito,  la presentazione dei contenuti, articolati attorno a  due principali ambiti di interesse.

PERCORSI DI FORMAZIONE VERSO IL LAVORO IN ITALIA : ANALISI DELLA SITUAZIONE ATTUALE E PROPOSTE DI INTERVENTI NON PIU’ RINVIABILI 

LA SITUAZIONE ATTUALE

I sei  saggi iniziali del volume affrontano il tema degli esiti dei corsi universitari e di scuola secondaria in una attenta ed aggiornata lettura prodotta  alla luce di indicatori metodologicamente fondati, di una riflessione su tematiche didattico- pedagogiche e sugli effetti delle politiche, soprattutto quelle relative al reclutamento e alla mobilità del personale. A questi temi si accostano alcuni approfondimenti. Il concetto di didattica plurale è presentato come strumento atto a realizzare, in classe, una positiva sintesi tra  riconoscimento e  valorizzazione del singolo studente  e costruzione di una comunità di apprendimento. Una approfondita analisi di documenti recenti, ultimi tre anni,  e delle azioni di politica giovanile della Commissione Europea e del Consiglio d’Europa evidenzia una sorta di “sospensione”, quasi di incertezza,   tra  processi di “educazione non formale” e di  “apprendimento non formale”. Alternative forse non abbastanza precisate, e tuttavia  alcune interviste esplicitano la continua sfida tra le due dimensioni : l’apprendimento, come dimensione individuale e  l’educazione, come dimensione sociale. Le competenze acquisite dai giovani tra i 15 e i 29 anni all’interno di “esperienze senza contratto”, esperienze lavorative e non lavorative, che si collocano al di fuori del mercato del lavoro istituzionalizzato, sono oggetto di uno studio che  propone una tassonomia basata sui livelli di regolazione extracontrattuale e sul livello di intenzionalità dell’obiettivo formativo (si tratta di un’indagine empirica svolta in  tre  diverse regioni italiane ( Lombardia, Emilia-Romagna, Sicilia ). Infine  i risultati di una ricerca, svolta per due volte sugli stessi soggetti,  individua e mette a confronto stili e atteggiamenti di partecipazione dei giovani e evidenzia come  questi siano stati influenzati dal lockdown (Italia 2020). I dati raccolti hanno permesso di delineare un profilo degli stili partecipativi ottenuto da analisi delle corrispondenze multiple nelle  due serie di interviste. Si individuano così tre gruppi, gli  inattivi, gli  attivi e gli  intraprendenti, evidenziando una partecipazione che cresce in relazione al livello di istruzione. Questi stili sono correlati a tipologie di “culture” diverse: il gruppo inattivo è più vicino a una cultura populista, mentre il gruppo intraprendente è più vicino a una cultura cosmopolita. Dopo il  lockdown, il questionario, riproposto agli stessi giovani, ha verificato se  e come gli atteggiamenti osservati  fossero cambiati. È stato possibile ricomporre i tre gruppi, che  presentano queste differenze: il coinvolgimento aumenta tra i giovani attivi, mentre tende a diminuire tra i giovani inattivi.

Titoli dei saggi

M. Colicchio, V. Mancini,V. Nesi, R. Paramatti, Un’analisi con sette indicatori socioeconomici per laureate e laureati triennale

S. Dell’Anna, D. Ianes, G. Tarini, Dalla dialettica universale-particolare verso una didattica plurale. Visioni, approcci e strategie per una scuola di tutti e di ciascuno

D. Carbone, E. Gargiulo, Un reclutamento ‘stratificato’. I docenti italiani tra mobilità territoriale e di carriera

F. Seghezzi, I giovani italiani tra mercato e non-mercato. Esperienze e competenze all’interno delle transizioni occupazionali

N. Crescenzo, The Education/Learning Dilemma. The Non-Formal Dimension in European Youth Policy

A. Casavecchia, Youth Participatory Cultures in Italy. Before and After Lockdown

CHE FARE PER L’ISTRUZIONE E FORMAZIONE PROFESSIONALE IN QUESTA LEGISLATURA?

A partire da un certo scetticismo circa alcune uscite non proprio felici del nuovo ministro, improntate a una logica restauratrice  che rischia di aprire la porta a un modello di scuola incentrata sulla competizione individualistica  (premi e sanzioni), tre contributi disegnano strategie e prospettive di  intervento per l’istruzione, l’università e per l’istruzione e formazione tecnologica, tecnica e professionale di livello secondario e terziario, nel  contesto di una puntuale analisi delle politiche in atto. 

Parliamo di scuola (L.Benadusi e  Campione).

Lo sviluppo di interventi relativi all’importante investimento del PNRR dovranno/ dovrebbero imporre alla prossima legislatura  scelte e priorità non derogabili:

  1. l’estensione del diritto/ dovere alla formazione  in una  scuola dell’infanzia  gratuita e a tempo pieno
  2. la definizione di un primo biennio della secondaria unitario  orientativo, dedicato al consolidamento delle competenze di base e allo sviluppo/verifica delle inclinazioni che  sposti la scelta degli indirizzi a un’età più matura e consapevole 
  3. Interventi di contrasto alla povertà educativa e ai divari socio-territoriali, con l’apporto e il sostegno di attività progettate e sviluppate da enti e soggetti presenti nei vari territori, imprese, terzo settore ecc.
  4. Interventi formativi mirati per i docenti, e collocazione  in questo quadro della questione delle retribuzioni, delle carriere e delle diverse professionalità di chi opera nella scuola.

Sempre presente è il problema di una governance adeguata. Negli anni,  lungi dall’abbandono della tradizionale vocazione centralistica, il sistema  italiano, non riesce a supportare e rendere effettiva l’autonomia scolastica.

Parliamo di Università ( R. Moscati)

Il sistema di istruzione superiore in Italia evidenzia un limitato  e poco efficiente sviluppo, una forte differenziazione geografica e una qualità ineguale della offerta formativa.

La continua domanda di conoscenza,  posta dal  sistema socioeconomico, impone una  trasformazione della stessa modalità di  trasmissione del sapere coerente con l’evoluzione degli strumenti di produzione, mentre evolvono e si trasformano anche i bisogni e le aspirazioni dei giovani. 

Gli assi portanti per la formazione oggi devono guardare alla complessità del futuro,  preparare all’imprevisto e, nello stesso tempo, mirare al consolidamento di  una cultura civica per cittadini, che  dovranno essere consapevoli dei loro diritti in contesti di vita che richiedono impegno sociale,  spirito critico e valorizzazione della collettività.

Perseguire questi obiettivi significa contrastare la diminuzione degli iscritti all’università e gli abbandoni, sviluppare una didattica partecipativa, intervenire con azioni che incentivino le situazioni più deboli attraverso  sostegni differenziati , finalizzati alla  “equità”. 

Il Piano per l’università contenuto nel PNRR si muove nella  prospettiva di ammodernamento del comparto produttivo,  sia per quanto riguarda la formazione secondaria, sia per la formazione di professionalità di alto livello, ma la dimensione quantitativa sembra prevalere su quella qualitativa, col rischio di legare i cambiamenti solo all’oggi, trascurando una visione di lungo periodo, perpetuando la logica  di  misure tampone e di emergenza. 

 Ben diversa dovrebbe essere  anche l’attuazione della “terza missione” dell’università, volta non solo ad accompagnare  i trasferimenti tecnologici, ma a mirare  all’accrescimento delle occasioni di diffusione sociale della cultura ed a garantire  opportunità  di  istruzione permanente per tutti/e per tutta la vita.

Parliamo di formazione tecnica e professionale ( F.Farinelli)

L’investimento previsto nel PNRR ( 1,5 miliardi ) e la legge 199/2022 sugli ITS   dovrebbero avviare lo sviluppo di una offerta  di formazione tecnico professionale di livello terziario, attraverso la diffusione omogenea di questa in  tutte le regioni . In questo contesto, in cui  appare auspicabile anche una  apertura delle università a percorsi brevi professionalizzanti e a un collegamento, finora osteggiato, tra  ITS e università, si delinea un’opportunità decisiva di superamento dei limiti che ha avuto finora in Italia la formazione di livello terziario  ( solo il 29% di popolazione 30-34 anni ha un livello terziario  di istruzione, il dato Europeo è il 40%; lo scarto  dipende in larga misura dalla scarsissima  presenza in Italia del “ terziario” non accademico)

Quali le sfide attuali? 

  1. Sviluppo dell’offerta formativa ITS,   aumento  del 100%  degli iscritti ( oggi si iscrivono per lo più neo diplomati provenienti dai tecnici, pochi dai professionali, pochissimi  dai licei, mentre  non si indirizzano a questi corsi quanti hanno frequentato gli IEFP, non solo perché manca l’informazione ma perché l’istruzione e formazione professionale non si configura ancora come una filiera lineare, sviluppata in verticale e dotata di passerelle per il passaggio agli ITS. Questa mancanza rischia di vanificare l’obiettivo di un grande sviluppo della nuova offerta ). 
  2. Solo poche regioni attivano percorsi di IEFP di buona qualità, sviluppato su un arco ampio di aree professionali, coerenti con i fabbisogni professionali esistenti e prevedibili dei contesti territoriali economico-produttivi, quindi promettenti rispetto all’inserimento occupazionale e capaci di motivare al passaggio a livelli superiori di formazione tecnico-professionale. Nonostante si tratti di un’offerta formativa indispensabile a contenere gli abbandoni, soprattutto in alcune aree del Paese.  
  3. Considerare solo o soprattutto i percorsi liceali come via di accesso al livello terziario di istruzione è un limite culturale  e politico gravissimo. La valorizzazione del comparto tecnico-professionale è decisiva per lo sviluppo di vocazioni e competenze per il lavoro, contenere gli abbandoni scolastici, superare la gerarchizzazione tra licei, tecnici, istruzione e formazione professionale
  4. Oggi a 14 anni si presenta ai giovani una scelta tra scuole di serie A e scuole di  serie B,  si dovrà invece attuare davvero  l’ obbligo di 10 anni di scolarità,  già previsto per legge dal  2007,  e garantire  il  rientro per conseguire il diploma ai giovani che abbandonano; di fatto oggi i CPIA  non riescono a offrire offerte flessibili e adeguate.
  5. Tutto il comparto tecnico professionale ha bisogno di una generale revisione, e di nuove modalità di governo e di progettazione, con il coinvolgimento attivo delle parti sociali. 

che fare per l’istruzione e la formazione nella prossima legislatura?

L. Benadusi, V. Campione, Che fare per l’istruzione e la formazione nella prossima legislatura?

L. Benadusi, V. Campione Parliamo di scuola

R. Moscati, Parliamo di università

F. Farinelli, Parliamo d’istruzione e formazione tecnica e professionale

 

 

Vittoria Gallina