Orientamento permanente: le nuove linee guida

Le “Linee guida nazionali per l’orientamento permanente” (emanate il 19 febbraio2014) consentono di stabilire, entro un quadro di norme nazionali ed europee, la funzione dell’orientamento come “strumento a sostegno del processo di scelta e di decisione di ogni persona”.
Le presenti linee guida propongono una lista ordinata di disposizioni e adempimenti burocratici – fatto sicuramente positivo – ma nello stesso tempo presentano genericità e ambiguità per quanto attiene il sostegno a interventi innovativi dal punto di vista formativo. L’accordo (del dicembre 2013) – avvallato nella Conferenza Unificata Governo, Regioni ed Enti locali e attuato in base a quanto stabilito dalla legge 92/2012, che pone l’orientamento nel quadro del diritto alla formazione permanente e continua – avvia il Piano Giovani (ancora in via di implementazione).
In questo modo il nostro paese accoglie in modo non formale la raccomandazione del consiglio dell’Unione Europea, finalizzato a garantire ai giovani (con meno di 25 anni) un’offerta qualitativamente valida di lavoro, ovvero di proseguimento degli studi, o di apprendistato o di tirocinio, entro 4 mesi dall’inizio della disoccupazione o dall’uscita dal sistema d’istruzione. È, inoltre, importante il riferimento preciso alla prevenzione del disagio giovanile e all’avvio coordinato di azioni rivolte alla popolazione adulta e specificamente ai NEET. Temi cruciali, che – pur presenti da qualche tempo nell’agenda degli impegni del nostro paese, solo ora dovrebbero essere oggetto di una fase sperimentale di realizzazione.

Le linee guida fanno un brevissimo excursus a quanto, a partire dal 2009, è stato realizzato e agli elementi di novità relativi all’orientamento, che trovano una collocazione nella riforma della scuola secondaria di secondo grado ed anche nelle indicazioni nazionali per la scuola dell’infanzia. Brevissimi cenni che richiamano le strutture organizzative messe in campo, nominano i team regionali operanti presso l’USR (Ufficio Scolastico Regionale), tutte azioni avviate per la messa a punto di reti territoriali finalizzate.
Una breve nota elenca le elaborazioni e i documenti prodotti da vari soggetti (dal Ministero del lavoro ai Centri per l’impiego e servizi per il lavoro) che dovrebbero/dovranno rappresentare indicazioni nel momento dell’attuazione del sistema.
Tuttavia l’assenza di un minimo di descrizione concreta di quanto fatto e la mancanza di espliciti criteri – utili per selezionare buone pratiche e definire tracce di lavoro da seguire – non aiutano a costruire una mappa organica del coinvolgimento delle diverse strutture e a collocare responsabilità e competenze dei vari soggetti che collaboreranno nelle reti territoriali.

Le linee guida per l’orientamento permanente riconoscono alla scuola un ruolo centrale e ribadiscono la necessità che tutti i percorsi e livelli scolastici (dai 3 ai 19 anni) realizzino in rete, ma anche autonomamente, attività di orientamento.
Le linee indicate sono due:
1. lo sviluppo di un “orientamento formativo”, specificato come didattica “orientativa e orientante”;
2. l’attività di “accompagnamento”.

Qui l’interpretazione del documento diventa veramente complessa. Da un lato si ripete in modo un po’ generico il tema della didattica finalizzata all’acquisizione di competenze trasversali, identificate come “lifeskill” e competenze chiave di cittadinanza. Dall’altra si richiama l’esigenza di produrre esperienze non curricolari volte a sviluppare una competenza indicata come “senso” d’iniziativa e d’imprenditorialità; invece le esperienze di didattica di gruppo o individuali vengono semplicemente evocate, senza chiarirne modalità e strumenti. L’elemento chiave di questo tipo d’innovazione è una “figura di sistema”, di cui ogni scuola dovrà dotarsi, mentre alcune attività di formazione per docenti e operatori (fatta anche attraverso Master specifici attivati dalle università) dovrebbero accompagnare il processo.

Gran parte degli spunti presenti in queste linee guida appare sicuramente condivisibile, resta tuttavia l’impressione che – al di là delle molte parole e dei molti richiami a elaborazioni e normative soprattutto europee – l’orientamento si configuri, almeno in questa fase, come un’attività aggiuntiva, una sorta di progetto a parte che, nelle intenzioni – più che nella prassi di lavoro – dovrà coinvolgere tutti.

Per approfondire:
Le linee guida nazionali per l’orientamento permanente

Vittoria Gallina