Lo stato del sistema di educazione degli adulti in Italia: intervista a Paolo Sciclone

G.

Spesso  mi è capitato  e mi capita ancora di dover  rispondere a chi mi chiede di descrivere il Sistema di educazione degli adulti in Italia,  soprattutto in riferimento allo stato di attuazione della legge 92 del 2012 francamente non riesco ad andare al di là  della descrizione dei vari  soggetti, istituzionali e non, alla elencazione delle competenze e ai posizionamenti  di questi  nel quadro di accordi che, a partire dalla conferenza unificata stato-regioni, si sarebbero dovuti realizzare in ogni regione  per  poi essere verificati in un tavolo inter-istituzionale. Credo che tu abbia seguito tutte le fasi di queste vicende, quindi ti chiedo: a che punto siamo?  Potresti indicare cosa, a oggi, è stato realizzato sia in termini di accordi a livello regionale ( p.e. in quante regione gli accordi sono stati definiti, ecc.) sia di iniziative, attività e pratiche attivate?

S.

Grazie alle pressioni dell’Unione Europea e alle sollecitazioni di pochi illuminati volenterosi di casa nostra, a partire dal giugno 2012 si ha,  a cadenza pressoché annuale, una fioritura di normative di emanazione centrale che farebbe presupporre la messa in opera di un sistema nazionale di apprendimento permanente, sostenuto dal funzionamento di un’ossatura di reti territoriali e dotato di procedure di riconoscimento di competenze formali, non formali, informali.

Riepiloghiamo di seguito le disposizioni varate a dimostrazione che le spinte esercitate hanno determinato una serie di provvedimenti a un certo livello istituzionale.

  • Legge 28 giugno 2012, n. 92 “Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita”, art. 4 (commi 51-68).
  • Intesa 20 dicembre 2012 in Conferenza Unificata riguardante le politiche per l’apprendimento permanente e gli indirizzi per la promozione e il sostegno alla realizzazione di reti territoriali, ai sensi dell’art. 4 della legge 29 giugno 2012, n. 92.

https://www.isfol.it/sistema-documentale/banche-dati/normative/2012/normative-statali/accordo-intesa-20-dicembre-2012

  • Accordo 20 dicembre 2012 in Conferenza Unificata concernente la definizione del sistema nazionale sull’orientamento permanente.

https://www.isfol.it/sistema-documentale/banche-dati/normative/2012/normative-statali/copy_of_accordo-20-dicembre-2012

  • Decreto Legislativo 16 gennaio 2013, n. 13 “Definizione delle norme generali e dei livelli essenziali delle prestazioni per l’individuazione e validazione degli apprendimenti non formali e informali e degli standard minimi di servizio del sistema nazionale di certificazione delle competenze”, a norma dell’articolo 4 della legge 28 giugno 2012, n. 92.

https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2013/02/15/13G00043/sg

  • Accordo 5 dicembre 2013 in Conferenza Unificata sulla “Definizione delle linee guida del sistema nazionale sull’orientamento permanente”.

http://www.regioni.it/newsletter/n-2409/del-20-12-2013/conferenza-unificata-del-5-dicembre-pubblicati-gli-atti-11999/

  • Accordo 10 luglio 2014 in Conferenza Unificata sulle “Linee strategiche di intervento in ordine ai servizi per l’apprendimento permanente e all’organizzazione delle reti territoriali.

http://www.cislscuola.it/fileadmin/cislscuola/content/Immagini_Articoli/Magazzino/2014/07_2014/ConfUnif_atto_76_10lug_14.pdf

  • Accordo 13 novembre 2014 in Conferenza Unificata sulle “Definizioni di standard minimi dei servizi e delle competenze professionali degli operatori con riferimento alle funzioni e ai servizi di orientamento attualmente in essere nei diversi contesti territoriali e nei sistemi dell’Istruzione, della Formazione e del Lavoro”.

http://www.regioni.it/scuola-lavoro/2014/12/03/conferenza-unificata-del-13-11-2014-accordo-tra-governo-regioni-ed-enti-locali-sul-documento-recante-definizione-di-standard-minimi-dei-servizi-e-delle-competenze-professionali-degli-opera-378151/

  • Decreto Ministeriale 30 giugno 2015 “Definizione di un quadro operativo per il riconoscimento a livello nazionale delle qualificazioni regionali e delle relative competenze”, nell’ambito del Repertorio nazionale dei titoli di istruzione e formazione e delle qualificazioni professionali di cui all’articolo 8 del Decreto legislativo 16 gennaio 2013, n. 13.

https://www.lavoro.gov.it/documenti-e-norme/normative/Documents/2015/Decreto-Interministeriale-30-giugno-2015.pdf

  • Decreto Interministeriale 8 gennaio 2018 “Istituzione del Quadro nazionale delle qualificazioni rilasciate nell’ambito del Sistema nazionale di certificazione delle competenze” di cui al Decreto Legislativo 16 gennaio 2013, n. 13.

https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2018/01/25/18A00411/sg

  • Approvazione nella Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome del 5 novembre 2020 delle “Linee guida per l’interoperatività degli enti pubblici titolari del sistema nazionale di certificazione delle competenze”, in attuazione dell’articolo 3, comma 5, del Decreto Legislativo 16 gennaio 2013, n. 13.

I risultati prodotti sono però a oggi deludenti perché permangono nel nostro Paese pesanti carenze di capacità di alfabetizzazione, di calcolo e digitali, come purtroppo attestano gli studi e le analisi nazionali ed europee.

C’è un evidente distonia tra i dettami e le attuazioni per una sequela di problematicità insite nella governance del nostro Paese, purtroppo presenti in quasi tutti i campi e settori dell’attività politica e dell’amministrazione pubblica.

Per esempio, uno dei passaggi chiave nell’Accordo in Conferenza Unificata del luglio 2014 concerne la cooperazione inter-istituzionale per mettere in sintonia dispositivi e sperimentazioni riguardanti  la modalità organizzativa delle reti territoriali come insieme di tutti i servizi relativi agli ambiti di apprendimento formali, non formali e informali e il loro collegamento alle strategie per la crescita economica, l’accesso al lavoro, la riforma del welfare, l’invecchiamento attivo, l’esercizio della cittadinanza; ugualmente per i percorsi dell’orientamento, della valorizzazione delle competenze possedute e della loro certificazione. Ma la connessione prevista tra  scuola, università, ente locale, regione (che rappresenta il principale punto di snodo dei servizi sul territorio per il lavoro e la formazione professionale) e il coinvolgimento di altri soggetti quali terzo settore e parti sociali non si è realizzata compiutamente all’interno dei sistemi territoriali, mancando quasi sempre il dialogo, il coordinamento, lo scambio di  strumenti e approcci, il lavoro – appunto – in rete dei servizi.

In questo contesto vanno inquadrati anche i provvedimenti legislativi che hanno ridefinito l’assetto organizzativo e didattico dei Centri provinciali per l’istruzione degli adulti (CPIA), ivi compresi i corsi serali. Le Linee Guida, emanate con il Decreto Interministeriale del 12 marzo 2015 “Linee guida per il passaggio al nuovo ordinamento a sostegno dell’autonomia organizzativa e didattica dei Centri provinciali per l’istruzione degli adulti”, individuano il CPIA quale «soggetto pubblico di riferimento per la costituzione delle reti territoriali per l’apprendimento permanente».  In sostanza i CPIA sono dichiarati «Istituzioni scolastiche autonome» articolate in reti territoriali di servizio, che prevedono: 1) percorsi di istruzione; 2) interventi di ampliamento dell’offerta formativa; 3) attività di ricerca, sperimentazione e sviluppo come attività a misura di sistema, quali, per esempio, la lettura dei fabbisogni formativi del territorio, la costruzione di profili di adulti definiti sulla base delle necessità dei contesti sociali e di lavoro, l’interpretazione dei bisogni di competenze e conoscenze della popolazione adulta, l’accoglienza e l’orientamento, il miglioramento della qualità e dell’efficacia dell’istruzione degli adulti.

Per svolgere le suddette attività, il MIUR ha sostenuto la nascita in ogni Regione di un Centro Regionale di RS&S (CRRS&S) facente capo a un CPIA, in rete con gli altri CPIA della rispettiva regione e la Rete Nazionale dei CPIA-CRRS&S si è dotata di un Piano Triennale Nazionale della Ricerca (PTNR) e di un Piano Operativo Nazionale della Ricerca (PONR) . Ma la riuscita delle attribuzioni è strettamente vincolata alle possibilità e alle capacità di rappresentare un punto di riferimento istituzionale stabile, strutturato e diffuso, interconnesso con tutti i servizi di formazione presenti sui territori per svolgere in modalità di rete un ruolo strategico nella costruzione di un sistema integrato e organico di apprendimento permanente. Non sempre è così,  per una serie di problematiche relative agli organici, alla loro formazione, alle sedi, alle strumentazioni, alle risorse finanziarie, nonostante i meritori casi di buona volontà dei docenti e dei loro dirigenti scolastici.

C’è da sperare che il quadro normativo sopra ricordato si arricchisca in tempi brevi del Piano strategico nazionale delle competenze della popolazione adulta su cui sta lavorando il Tavolo interistituzionale sull’apprendimento permanente (TIAP), di cui all’Intesa sancita dalla Conferenza unificata il 20 dicembre 2012. Il processo è stato avviato dal MIUR con la  Conferenza nazionale sull’Apprendimento Permanente (24 gennaio 2018) nel corso della quale venne condiviso con il MLPS e con la Conferenza delle Regioni, come primo atto di costruzione di un sistema di apprendimento permanente, l’avvio di un percorso finalizzato alla definizione di un Piano nazionale di Garanzia delle competenze, in sintonia con l’invito espresso dal Consiglio Europeo e con le sollecitazioni del Gruppo Nazionale per l’Apprendimento Permanente costituito da EdaForum , dalla Rete nazionale dei CPIA , dalla Rete nazionale delle Cattedre universitarie, dal Forum del Terzo Settore e dai Sindacati confederali e di categoria. Sollecitazioni che il  GNAP ha ripetute più volte nel corso di questi ultimi due anni nei riguardi sia del TIAP sia dei Ministeri competenti sia della Conferenza delle Regioni.

Le direttrici su cui poggia il Piano sono condivisibili:

  • la prima direttrice, intercettare e orientare gli individui, potenziando e migliorando i servizi esistenti e attivando nuove forme di intervento per raggiungere l’utenza disinformata e disimpegnata;
  • la seconda direttrice, qualificare e riqualificare il capitale umano, innalzando e aggiornando i livelli di competenze, ma anche personalizzando interventi e servizi;
  • la terza direttrice, sincronizzare domanda e offerta di competenze, mettendo a sistema i processi di IVC (Individuazione e Valorizzazione delle Competenze) esistenti per una effettiva valorizzazione operativa, nonché promuovendo misure che integrino i contesti di apprendimento formale con quello non formale e informale.

Ma per evitare che anche questa resti soltanto una disposizione  normativa,  occorre che sia prescrittiva  una collaborazione stretta tra gli attori dei sistemi di istruzione, formazione e lavoro, e tra di essi e i Comuni, il Terzo Settore, le Parti sociali  – la modalità rete, insomma  –  dentro una strategia delineata con azioni, risorse umane, finanziarie e strumentali specifiche. Una strategia che definisca le istituzioni della governance sia centrale che territoriale, il monitoraggio e la valutazione delle azioni intraprese.

Il risultato di questo processo dovrebbe vedere la luce dopo che il Tavolo si sarà confrontato, come previsto dall’Intesa del 2012, con le Parti sociali. Subito dopo  bisognerà approntare iniziative di informazione e di sensibilizzazione a tutti i livelli istituzionali e non, per passare alla fase attuativa, facendo ben presente che l’Italia deve investire soprattutto in formazione perché il problema delle sue precarie condizioni nel campo dell’innovazione, della ricerca, dello sviluppo, del lavoro, del sociale, della sanità, dell’ambiente, sta tutto nel difetto di ignoranza

Quali sono a tuo avviso le difficoltà che ancora rallentano l’attuazione di offerte di life long learning visibili, praticabili e soprattutto attrattive  per una popolazione, come quella italiana, che evidenzia  notevoli bisogni di interventi di formazione generale e specifica,  fruibili nei vari territori ed in diversi ambiti e che, nello stesso tempo, partecipa in misura limitatissima alle  poche offerte attualmente disponibili? Pensi che questo dipenda dalla lontananza proprio di queste offerte  dai bisogni reali dei potenziali utenti?

In parte la risposta sta in quanto detto in riscontro alla prima domanda; si può aggiungere che manca in Italia il riconoscimento valoriale dell’istruzione e della formazione. La conferma è nel costante dimensionamento di risorse che a livello centrale e territoriale viene riservato a questi settori. E non solo in termini finanziari, ma di personale, di strutture, di prestigio. Il responsabile istituzionale dell’Istruzione, della Formazione, dell’Educazione  ‘vale meno’, sia a livello centrale che territoriale, dei suoi colleghi. Manca il valore della conoscenza, dell’apprendimento. Perché?  Si potrebbe ipotizzare che coloro che detengono il potere, e non mi riferisco in particolare a coloro che temporalmente sono al governo del Paese ma ai poteri in generale, potrebbero avere interesse a mantenere diffusa l’’ignoranza’, ma resta da capire perché non ci sia una presa di posizione, una rivendicazione, da coloro che la subiscono. Se non da voci, gruppi isolati o, in determinati periodi storici, circoscritti.  Sarebbe importante aprire una disamina approfondita in merito, anche da un punto di vista temporale, perché il disconoscimento del sapere si è manifestato apertamente  con la diffusione di mezzi di mala-informazione e di mala-educazione. Qui mi limito a rilevare la grossa responsabilità che hanno in proposito i cosiddetti organi intermedi che hanno perso questo ruolo, una volta entrati nella palude della propria conservazione, abbandonando la funzione di rappresentanza di interessi contrapposti.

Se poi dai problemi sostanziali si passa a quelli contingenti, è evidente che la caduta di rilievo del sapere e della  voglia di raggiungerlo derivi anche dalla discordanza tra cosa si insegna e cosa serve ciò che si insegna, sia a livello di studi canonici sia a livello di educazione/formazione degli adulti; mentre lo sconvolgimento tecnologico in cui siamo immersi dovrebbe far aprire una discussione su come ripensare i servizi educativi dall’infanzia all’età adulta.

a cura di Vittoria Gallina