Il dibattito europeo sull’istruzione superiore

Confrontando il dibattito che sui media italiani è stato suscitato dalle misure relative all’università contenute nella legge finanziaria con il fitto intrecciarsi di elaborazioni sui medesimi temi rintracciabile nella letteratura specializzata in Europa salta agli occhi il livello “minimalista” e vagamente provinciale del primo che si concentra su aspetti specifici del quadro (il valore legale dei titoli di studio, i concorsi che non premiano il merito, le forme di valutazione, la riduzione dei finanziamenti pubblici,e così via). Per contro, la riflessione sulle tendenze di sistema in atto nei diversi paesi europei si pone in relazione ai rapporti tra lo stato e i sistemi d’istruzione superiore, alla creazione di aree omogenee per la ricerca e l’istruzione superiore, alla diversificazione delle fonti di finanziamento delle università e alla competizione a livello mondiale tra atenei.

Manca, nel nostro paese, un quadro di riferimento o uno scenario nel quale collocare le diverse componenti in movimento e quindi trovare spiegazioni degli eventi, condivisibili o rifiutabili ma comunque utili per correlare elementi diversi in rapporti variamente interdipendenti. Ciò impedisce di formulare una linea politica dotata di senso, impedisce di spiegare e contrastare con argomenti convincenti misure ritenute dannose ma soprattutto di proporre politiche alternative dotate di prospettive a medio-lungo termine.

A livello europeo, una serie di iniziative di governi come il “Processo di Bologna” e la “Dichiarazione di Lisbona” hanno dato vita ad una tendenza alla riduzione delle differenze tra sistemi d’istruzione superiore e al coordinamento di progetti trans-nazionali di ricerca che stanno producendo la nascita di un’ “Area europea di istruzione superiore e di ricerca”- (EHERA). L’accentuata autonomia delle singole istituzioni universitarie ha portato con sé il crescente controllo esterno sia dello Stato (in forma per lo più indiretta) sia dei portatori di particolari interessi sul prodotto delle istituzioni stesse, ma anche sempre più sul processo di ricerca e trasmissione della conoscenza. Il problema ha sollevato dubbi e dibattiti poiché riguarda la visualizzazione del lavoro accademico e l’accettazione che la sua valutazione (almeno di fatto) avvenga anche da parte di chi non ne ha alcuna specifica conoscenza. Il tema chiama in causa la valutazione del merito e il suo riconoscimento, ma anche la creazione di graduatorie ad opera di membri esterni al mondo accademico (oltre che da parte dello stato). Ma è altresì collegato a chi prende le decisioni su cosa ricercare e cosa insegnare: se lo stato finanziatore, gli stakeholders, l’ateneo o il singolo docente/ricercatore.

Le tendenze europee si riassumono in modelli idealtipici (qualche tempo addietro un simile esercizio è stato sperimentato dall’università olandese di Twente che ha sondato le previsioni europee circa l’università nel 2020). Le componenti maggiormente ricorrenti segnalavano (a) la crescente dimensione transnazionale a livello europeo delle attività di ricerca ma anche di quelle didattiche; (b) la diffusione delle strutture universitarie a tre livelli con una crescente tendenza verso la fruizione dei Master all’estero; (c) la sempre maggior apertura delle università verso i finanziamenti esterni con mix di pubblico/privato; (d) la diversificazione degli studenti per la crescente mobilità, la multiculturalità e la diffusione della Lifelong Learning; (e) la maggior competizione tra atenei con riflessi sulle forme di governance; (f) l’aumento delle disparità regionali in Europa con la ricerca concentrata in particolare nelle zone del nord-ovest.

Ma il tema che sembra si stia sempre più diffondendo è quello relativo alle finalità dell’istruzione superiore. Sulle domande che cosa vogliamo dall’università e come fare per perseguirne i fini si contrappongono diversi approcci che nascono dalla concezione di una formazione centrata sulla promozione dei talenti (la preparazione delle élites) o viceversa intesa come diritto sociale di cittadinanza.

Roberto Moscati