La disgrafia: una difficoltà da conoscere

Talvolta alcuni alunni, fin dagli anni della Scuola dell’Infanzia, possono mostrare evidenti difficoltà nell’esecuzione del gesto grafico. Nei disegni dei bambini in età prescolare si possono osservare, ad esempio, una mancanza di fluidità nel tratto, che risulta spezzettato, oppure una significativa difficoltà a mantenersi all’interno dei contorni durante l’atto del colorare. Con l’inizio degli apprendimenti formali, per molti di loro queste difficoltà tendono ad attenuarsi fino a scomparire, mentre per altri appaiono sempre più evidenti: la fluenza della scrittura manuale può risultare alterata, quindi troppo lenta o troppo veloce, oppure di cattiva qualità grafica, vale a dire una grafia scarsamente leggibile e caratterizzata da specifici segnali, quali una irregolare dimensione dei grafemi, un tratto interrotto, incerto o tremolante, lettere irriconoscibili o comunque inadeguate al modello di riferimento, una cattiva organizzazione dello spazio a disposizione. In questi casi, è possibile pensare a una difficoltà legata all’esecuzione motoria della prestazione che coinvolge esclusivamente gli aspetti grafici e formali della scrittura e che prende il nome di disgrafia.

Inizialmente inserita all’interno dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA), con il DSM-5, ovvero l’ultima edizione del manuale diagnostico di riferimento utilizzato dai clinici a livello internazionale, la disgrafia è stata inclusa all’interno dei Disturbi dello sviluppo della coordinazione (che hanno un’incidenza di circa il 5% nei bambini tra i 5 e gli 11 anni di età) come una delle possibili espressioni di una compromissione motoria che coinvolge, nella fattispecie, le abilità fino-motorie con conseguenze sulla resa grafica, ma che non riguarda direttamente le regole ortografiche e sintattiche della scrittura.
Proprio per le sue caratteristiche, la disgrafia può incidere negativamente sulle diverse discipline scolastiche, quali la matematica (es. difficoltà nell’incolonnamento), la geometria (es. tendenza a stondare gli angoli delle figure geometriche e difficoltà nell’uso degli strumenti tecnici), la geografia. Inoltre, spesso si associa ad altri disturbi di tipo comportamentale rispetto ai quali la disgrafia può porsi sia come problematica primaria, sia secondaria: bambini con alterazioni a livello attentivo e comportamentale possono infatti mostrare una scrittura meno leggibile, così come bambini con difficoltà grafo-motorie possono presentare maggiori problemi sul piano del mantenimento dell’attenzione e nel controllo del comportamento.
Sul piano del trattamento, recenti studi mettono in luce come bambini disgrafici e con diagnosi di ADHD traggano beneficio da un classico trattamento carta e matita integrato con l’uso del tablet (Oliva et al., 2014). Infine, non va sottovalutata l’influenza di fattori emotivi su una cattiva prestazione grafica, né tantomeno le conseguenze emotive che una cattiva prestazione scolastica può determinare nei bambini, soprattutto a livello di autostima ed ansia.

La diagnosi di disgrafia, così come per la dislessia, deve essere fatta non prima della seconda classe di Scuola Primaria, poiché i processi di sviluppo che portano alla maturazione del sistema nervoso non avvengono nei medesimi tempi per tutti i bambini. Per una corretta valutazione della scrittura, importanti punti di riferimento ci arrivano dalla Consensus Conference 2011 che ha proposto di procedere attraverso un primo esame della scrittura, da parte dell’insegnante o del genitore, basato sulla leggibilità della stessa. L’invio ad una valutazione di secondo livello presso il clinico, quindi, deve essere fatto nel caso in cui la grafia risulti essere scarsamente leggibile o totalmente illeggibile da parte di una persona esterna, o persino dallo stesso bambino. Questo invio è necessario non solo per impostare l’intervento riabilitativo, ma anche per verificare l’esistenza di eventuali difficoltà o disturbi correlati. Inoltre, è possibile anticipare la diagnosi alla prima classe della Scuola Primaria nel caso in cui la scrittura sia particolarmente incomprensibile anche in stampatello.
Gli strumenti attualmente in uso in Italia per poter porre una diagnosi di disgrafia di secondo livello sono essenzialmente due: il BHK (Di Brina e Rossini, 2011) e il DGM-P (Borean et al., 2012). Mentre il primo ha una valenza maggiormente diagnostica, il DGM-P rappresenta un utile strumento sia per approfondire singoli aspetti posturali e di prensione, sia per comprendere in quali specifici parametri risultano esserci le difficoltà maggiori.

La disgrafia è una difficoltà che è possibile superare con successo se si procede attraverso una corretta diagnosi e un trattamento entro l’ultimo anno della Scuola Primaria, quando i processi di personalizzazione della scrittura non hanno ancora allontanato l’esecuzione del tratto grafico dal modello di riferimento insegnato a questo livello di scolarizzazione.

BIBLIOGRAFIA
Borean M., Paciulli G., Bravar L., Zoia S. (2012). DGM-P. Test per la valutazione delle difficoltà grafo-motorie e posturali della scrittura. Edizioni Erickson, Trento.
Di Brina C., Rossini G. (2011). BHK. Scala sintetica per la valutazione della scrittura in età evolutiva. Edizioni Erickson, Trento.
Neri I., Oliva G., Pantanella S., Terribili C., Grelloni C., Totino S., Terribili M. (2014). Disgrafia: un confronto tra BHK e DGM-P, in Dislessia, vol.11 n.2, pp.173-187. Edizioni Erickson, Trento.
Oliva G., Neri I., Roberto D., Grelloni C., Romaniello R., Costantini I., Bagnolo V., Terribili M. (2014). ADHD e disgrafia: studio sperimentale sull’uso del Tablet nel trattamento, in DdAI Disturbi di Attenzione e Iperattività, vol.09 n.2, pp.195-215. Edizioni Erickson, Trento.

***
Immagine in testata di Movimento Psicoespressivo

Ilaria Neri e Monica Terribili