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Gli errori possono diventare disturbi

Pubblicato il: 17/09/2014 04:45:58 -


Lettera al direttore per manifestare, come docente, le perplessità sulle certificazione di DSA e sulle conseguenze.
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Egr. Direttore,
sono rimasta sbigottita: “Oltre 90 mila alunni con DSA tra gli anni scolastici 2010/2011 e 2011/2012, 24.811 certificazioni in più (+37%). L’incremento più significativo alle superiori, il numero più alto di studenti alle medie”(1).
Un trend in salita come si evince anche dall’allarme che è stato lanciato a Pisa: “… la dislessia rischia di diventare un’emergenza sociale… nel 2013 all’ASL 5 sono arrivate 530 richieste di valutazione per DSA che hanno confermato 343 diagnosi. In pratica, si è registrata una richiesta di diagnosi ogni circa 641 persone e un caso di DSAogni 990 abitanti …”(2).

Da quando è stata approvata la legge 170/2010 sui Disturbi Specifici dell’Apprendimento, i DSA sono entrati ufficialmente nella scuola segnando una svolta nella didattica, e questi ne sono i risultati.
Sono aumentati i corsi di aggiornamento ai docenti per indottrinarli sull’esistenza e individuazione di questi disturbi, così la soluzione agli errori commessi dagli alunni in fase di apprendimento, non è individuarne la causa, correggerli e far fare esercizio, come facevano i nostri insegnanti, ma indirizzare il genitore dell’alunno dal neuropsichiatra per una valutazione di DSA sul figlio e questo alla fine della seconda elementare, quando non viene fatto già nei primi anni della scuola dell’infanzia.
Attribuire gli errori dell’alunno a un “disturbo “ dovuto ad ipotetici “difetti di migrazione cellulare” secondo gli esperti, ma poi fare diagnosi attraverso test di lettura, scrittura che ben poco hanno di scientifico, dire a un bambino che il suo cervello non è come quello di tutti gli altri sulla base della lettura di una lista di parole, lista di non parole, di un dettato, di risposte alle tabelline, calcolandone i tempi di esecuzione, non sono cose da poco.

Dire che di questi disturbi non si guarisce, che non sarà mai in grado di leggere e/o scrivere e fare i calcoli correttamente significa inculcargli l’idea d’incapacità, significa negargli la vera istruzione: non insegnargli a leggere, scrivere e far di conto, che è la funzione primaria della scuola elementare. Basta che un’insegnante non sappia insegnare per creare un alunno DSA.
Non si va a indagare sui metodi didattici utilizzati dall’insegnante. Una delle cause di così tanti errori e difficoltà degli alunni è stata individuata, ad esempio nel Metodo Globale, ora utilizzato da molti maestri nella scuola elementare; le classi pollaio vanno bene: è l’alunno che è affetto da “disturbi”.

Nel Manuale Statistico e Diagnostico, il testo utilizzato per le diagnosi delle malattie mentali, dove tra l’altro sono riportati anche i DSA, tutte le malattie sono indicate come disturbi, quindi di che cosa stiamo parlando?
Nel solo 2011 sono stati erogati ben 705.308,81 euro da Enti pubblici (istituti scolastici e ASL) all’Associazione Italiana Dislessia per attività formativa (3); “ presso strutture private alcuni genitori hanno speso anche 1.000 euro per una diagnosi DSA” (4).
Una seduta dallo psicologo o logopedista costa circa 80 euro, in alcune regioni viene anche riconosciuta agli alunni DSA un’indennità di frequenza, un disborso mensile di 238,00 euro più 10 euro per ogni corso riabilitativo frequentato, oltre all’aumento degli assegni familiari. Che cosa sta venendo finanziato?
In che cosa sta investendo la scuola?
In 90 mila alunni certificati DSA esclusi dalle prove INVALSI, perché la loro partecipazione avrebbe abbassato la media nazionale dei risultati delle prove?

Il problema è didattico e la soluzione è nella didattica.
Se 20, 30 ,40 anni fa qualcuno avesse acceso i fari sui nostri errori e comportamenti, a quanti di noi e dei nostri compagni sarebbero stati diagnosticati DSA o ADHD? Eppure ce l’abbiamo fatta, le nostre carriere non sono state stroncate, i nostri sogni non sono stati buttati nella spazzatura.
Quella che è stata fatta è una Riforma strisciante della didattica, studiata astutamente, e supportata da un accurato piano di marketing. Com’è stato apertamente dichiarato dagli stessi artefici di campagne mediatiche che hanno portato all’approvazione di questa legge in uno dei tanti convegni sul soggetto: “… in realtà siamo indietro con la comprensione di quelli che sono i disturbi specifici dell’apprendimento… la teoria che aiuta a capire è ancora tutta da costruire tuttavia la legge ci ha dato quest’opportunità cioè di cambiare la cultura… ci sono sicuramente poche scuole che giudicano bene il cambiamento della didattica ma sono convinto… che con il contributo di tutti questo percorso di cambiamento culturale sarà rapido e non ci vorranno troppe generazioni” (5).

Bisogna fare un passo indietro su questa legge se non vogliamo creare un generazione di incapaci, insicuri, ignoranti e facilmente manovrabili, come ha scritto Frank Furedi, professore di Sociologia: “Se l’attuale tendenza continua, presto ci sarà poca differenza tra una scuola e una clinica per malattie mentali… se consideriamo le sfide della vita come un’esperienza cui i bambini non possono far fronte, i ragazzi raccoglieranno il messaggio e le considereranno con terrore. Tuttavia, se la finiamo di giocare a fare il dottore e il paziente e aiutiamo invece i bambini a sviluppare la loro forza attraverso l’insegnamento creativo, allora i piccoli inizieranno a tener testa alle situazioni… proteggere i bambini dalla pressione e dalle nuove esperienze rappresenta una mancanza di fiducia nel loro potenziale di sviluppo attraverso nuove sfide”(6).

(1) Documento del MIUR
(2) L’articolo di Orizzonti Scuola Regioni
(3) Documento dell’Associazione Italiana Dislessia
(4) Comunicato stampa dell’Associazione Italiana Dislessia (5) 2° Convegno nazionale scuola e DSA: riflessioni e proposte (milano 24/25 marzo 2012).
(6) Frank Furedi “ Leader – As Concern is Raised Over Formal Lessons for Five- Year – Olds; Even Our Youngest Pupils Can Cope with Challenge” The Express, 20 May 2004.

***
Immagine in testata di Flickr (licenza free to share)

Margherita Pellegrino

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