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La grande assenza nelle indicazioni nazionali: la competenza emotiva

Pubblicato il: 18/04/2025 21:05:51 -


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Nelle Nuove Indicazioni nazionali spicca per la sua assenza l’importanza della competenza emotiva. L’ unico accenno all’ educazione alle emozioni viene fatto a proposito dell’educazione civica, allorché quest’ultima viene definita genericamente come “molto di più dell’alfabetizzazione emozionale”. Non viene, però, tratteggiato un percorso logico e consapevole dall’ alfabeto al codice delle emozioni, avente come coronamento la competenza emotiva. Competenza, peraltro, che riveste un ruolo fondamentale nello sviluppo socioaffettivo- intellettivo della persona.
La competenza emotiva, infatti, va intesa come l’insieme delle capacità che consentono di riconoscere, comprendere, rispondere coerentemente alle emozioni altrui e di regolare l’espressione delle proprie; tali abilità, che si costituiscono attraverso le relazioni che un individuo nel suo processo di sviluppo ha con gli altri, durante tutta la sua vita, arricchiscono il senso di autostima e il senso di autoefficacia che deriva dal realizzare i propri traguardi nelle relazioni emozionali; sono costruite sull’auto- comprensione e, per tutto questo, sono un importante contributo al benessere psicologico.
L’autrice principale che ha dedicato attenzione alla definizione della competenza
emotiva è senz’altro Carolyn Saarni (1), la quale declina la competenza emotiva in diverse abilità. Alla base c’è la consapevolezza delle proprie emozioni: fondamentale perché riconoscere ciò che si prova significa riconoscere il significato di un evento. Segue l’abilità di distinguere (e comprendere) le emozioni degli altri: la capacità di utilizzare le indicazioni situazionali e gli stimoli espressivi che poggiano su un consenso culturale condiviso (riguardo al loro significato emotivo) per comprendere cosa provano gli altri, per capire le cause delle emozioni e le conseguenti reazioni comportamentali (meta-emozione). Grande importanza, soprattutto in ambito scolastico, riveste l’abilità di utilizzare il “vocabolario” emotivo: l’abilità di saper usare le espressioni verbali comuni nella propria cultura e, a un livello più elevato, di saper acquisire script culturali che collegano le emozioni con i ruoli sociali ed aiutano a comunicare le proprie esperienze emozionali agli altri attraverso lo spazio e il tempo (ad es. attraverso le forme d’arte). Inoltre, aver accesso alle rappresentazioni delle nostre esperienze emozionali permette di elaborarle, integrarle con il contesto, compararle con altre rappresentazioni, codificarle e comunicarle. Tra le componenti più importanti della competenza emotiva viene indicata la capacità di coinvolgimento empatico: fondamentale per promuovere legami sociali tra le persone e per incoraggiare comportamenti pro-sociali.
Un altro aspetto da considerare è quello concernente l’autoefficacia emotiva. Si ha
autoefficacia emotiva quando l’individuo accetta le proprie esperienze emotive, sia che siano uniche ed eccentriche sia che siano culturalmente convenzionali, e questa accettazione è un allineamento con le credenze del soggetto circa ciò che costituisce un desiderabile “equilibrio” emozionale. Un individuo vive in accordo con le proprie personali teorie delle emozioni quando dimostra auto-efficacia emotiva e quando è in accordo con il proprio senso morale.
Quest’ultima competenza ci riporta al sé: l’auto-efficacia emotiva si riferisce al proprio modo di vedersi come capaci di provare ciò che si vuole provare. Implica quindi la conoscenza di Sé e la disponibilità a “guardarsi dentro”.
Gli effetti della competenza emotiva possono essere visti nell’abilità di gestire le proprie emozioni, sentendosi generalmente più padroni dei propri sentimenti; ciò è importante per quanto riguarda la capacità di negoziare negli scambi interpersonali, nell’aumento dell’autostima e della resilienza adattiva nel far fronte a situazioni di stress. Anche la resilienza in sé (capacità di recuperare, di riprendersi dopo esperienze avverse) aiuta a capire quanto sia forte l’autostima e la competenza emotiva in un bambino.
La competenza emotiva, quindi, è un costrutto utile ed efficiente su cui appoggiarsi per progettare un intervento educativo che voglia potenziare le abilità dell’individuo in campo emozionale e di conseguenza nelle sfere che da questo sono influenzate: il benessere socio-psico-fisico, le relazioni sociali, la realizzazione in generale di un proprio progetto esistenziale che miri a realizzare un proprio equilibrio nella vita.
È opportuno, inoltre, in campo pedagogico, usare con accuratezza le parole Quando si dice “educazione delle emozioni”, sono le emozioni stesse ad essere oggetto dell’atto educativo. È una proposizione quindi che porta a pensare di poter modificare, cambiare, l’emozione in sè stessa: educare la rabbia, educare la gioia, educare la paura, ecc.
Questa intenzionalità educativa si tradurrebbe quindi in un’azione di controllo nei confronti delle emozioni provate per renderle adeguate al contesto, alla situazione in cui sorgono, come se esse in sé stesse fossero qualcosa di giusto o di sbagliato, per cui le emozioni adeguate sono lasciate libere di esprimersi, quelle inadeguate devono invece essere sottomesse.
L’ “educazione alle emozioni”, invece, ha come obiettivo non tanto la capacità di controllare, insieme alle parole, la propria mimica facciale o il tono della voce, ma piuttosto la capacità di rendersi conto dei propri vissuti emotivi accettando di provarli e cercando di comprenderli, per arrivare poi a modificarli (Contini Maria Grazia (2). Vuol dire concentrarsi sull’identificazione e la giustificazione delle emozioni: i bambini e i ragazzi dovrebbero essere progressivamente in grado di identificare le proprie e altrui emozioni e di darne motivazione.
Ciò che quindi è importante fare in un’educazione alle emozioni è rendere i bambini
consapevoli circa il quando e il perché un’emozione è normalmente provata, per renderli responsabili dei propri stati d’animo e dunque in grado di riflettere sui comportamenti da adottare.
L’educazione al linguaggio diventa, allora, un passaggio indispensabile per l’educazione alle emozioni: le parole per ‘dirle’ contraddistinguono determinati atti mentali e proferirle consente di esprimersi senza causare danno. Pur disponendo di un’ampia gamma di emozioni però, il vocabolario dei bambini e anche degli adolescenti può essere assai limitato.
Poiché sono il linguaggio e le capacità simboliche che hanno permesso l’evoluzione della coscienza, è proprio da questi elementi che bisogna partire per sviluppare una coscienza di ordine superiore sulle emozioni. Come poter innescare un simile processo di costruzione?
Con una didattica del dialogo, dello scambio, dell’interazione, dell’ascolto dell’ altro e di se stesso. Con la co-costruzione di uno stile relazionale basato sulla capacità di formulare giudizi sull’appropriatezza delle emozioni legate ad un determinato contesto. È una procedura che può essere messa in pratica nella vita quotidiana per decidere se l’emozione provata è appropriata o meno, per capirne le ragioni che l’hanno scatenata e per cercare strategie per esprimerla nella maniera più funzionale.
Note
1. Carolyn Saarni – Psicologa dello sviluppo (1945/2015) noto è il testo: – The Development of Emotional Competence
2. Contini Maria Grazia – Per una pedagogia delle emozioni – La Nuova Italia – Firenze – 1999

Giancarlo Gambula – Dirigente Scolastico

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