Analfabetismo incipiente IV. I paradossi dell’istruzione.

L’istruzione non è più un bisogno primario dell’uomo, e lo vediamo con l’ignoranza quantica (vedi Analfabetismo incipiente II), ma resta un bisogno primario della democrazia (si veda “I paradossi della democrazia” in Analfabetismo incipiente III). Una democrazia senza un suffragio universale ‘consapevole’ non è più una democrazia, sarebbe un sistema “controllato” – non dalle Leggi, ma dal Mercato e dalla Comunicazione (e quindi da una moltitudine di manipolazioni). Pertanto, tutti dobbiamo batterci per la democrazia, una ‘democrazia reale’.

Perché, allora, l’istruzione non è in grado di abbattere queste barriere (ad esempio, la ‘barriera quantica’)? E perché, inoltre, non riesce a frenare la continua crescita delle barriere? Nel corso dell’ultimo secolo di storia abbiamo visto molte riforme e tutte con un denominatore comune: un curricolo assoluto, immutabile, rigido. Ritocchi qui e là, a seconda della moda o della politica: la teoria dei numeri prima della teoria degli insiemi oggi, il contrario domani; caso più intrigante quello di Darwin, dalla Moratti in poi sparito dai contenuti disciplinari (vedi di T. Pievani con “In Difesa di Darwin”). I programmi, cosiddetti, ministeriali, sono rimasti sempre gli stessi (con il plauso delle case editrici, ovviamente). Si è deciso di spezzettarli in moduli, unità, temi…ma sempre con gli stessi contenuti, descritti e scritti sempre allo stesso modo.

C’è stato solo un momento in cui il monolite dei programmi ha subito un colpo “apparente”: con l’Autonomia di L. Berlinguer quando, all’art. 8 del Regolamento 275/99, introdusse la “flessibilità”. Nonostante molti tentativi di farne un modello applicativo facilmente realizzabile, come ad esempio il “modello a shell”, l’innovazione è stata di difficile diffusione. Pur essendo, la flessibilità, in primis, correlata al modello organizzativo della didattica, si è mostrato con il modello a shell che poteva interferire con i contenuti disciplinari (ad esempio, con la costruzione dei materiali digitaali).

Con la riforma del 2010 sono state introdotte le “indicazioni nazionali”, alludendo al fatto che queste sostituissero i vecchi programmi ministeriali. L’idea era che le indicazioni nazionali, come indicazioni di massima, fossero sufficienti per tracciare il curricolo, liberando così quest’ultimo da vincoli troppo stretti. Ma non essendo scritto da nessuna parte che i programmi ministeriali fossero stati aboliti, e restando il rigidissimo vincolo dell’Esame di Stato, i docenti hanno sempre ritenuto opportuno restare fedeli al vecchio curricolo per il fatto che avrebbero così avuto minor problemi di percorso: Esame di Stato, libri e materiali didattici aleatori, genitori e studenti disorientati dall’assenza di una traccia ben visibile ai fini della valutazione. Inoltre, eliminare i programmi per delle “indicazioni” lascia il tempo che trova ad arbitrarietà e autoreferenzialità.

Le riforme, quindi, si sono concentrate massicciamente sulla metodologia di lavoro (incluso la L. 107/15). In sostanza: la società è cambiata, le tecnologie dominano la comunicazione, i livelli di istruzione sono scesi terribilmente perché l’insegnamento tradizionale è stato superato dai tempi. Occorre mettere al centro l’apprendimento introducendo modalità di lavoro che siano più “connesse” al mondo dei nativi digitali. Riduciamo i contenuti ai “contenuti minimi”, il che significa essenzialmente “non pretendiamo più di tanto dai nostri ragazzi”.

Rivoluzioniamo, invece, il modo di lavorare: non più lezione frontale, non più pesanti compiti a casa, non più interrogazioni sotto i riflettori. Introduciamo materiali liberi, mettiamo al centro lo studente, lavoriamo in gruppi, possibilmente aboliamo le aule e gli spazi limitati fino ad eliminare pareti e banchi, e infine, travolgiamo la scuola di progetti. Ora, abbiamo visto che l’ignoranza quantica genera uno stato confuso di incapacità al ragionamento, all’astrazione sia dell’adulto che dello studente: una inabilità al raziocinio. Abbiamo anche visto che non è più solamente un problema di “svantaggio sociale” (un ingegnere informatico con 110 e lode è assunto da Enel con 1300€ al mese e non è inserito tra i quadri aziendali), ma che manca sempre di più la capacità di analisi e di sintesi, il bisogno di astrarre dalla nozione per capire le leggi che governano le loro dinamiche. Alle già note infinite ripetizioni dei contenuti lungo il percorso didattico dalla prima elementare al termine delle superiori (dove si esce dalle medie con il cubo di un binomio senza saper scomporre un 4, con buona pace della suscettibilità della categoria), è totalmente assente il senso della linea del tempo, della cognizione dello spazio e del tempo dei propri apprendimenti.

Insomma, urge riscrivere completamente il curricolo. Le metodologie – tutte buone in linea di principio – dipendono fortemente da cosa si deve insegnare (che in alcuni momenti necessità anche della lezione frontale) e da chi deve apprendere e hai davanti in quel momento, con i suoi bisogni e le sue difficoltà. La cura delle persone e dei gruppi finora è sempre stata al centro dell’insegnamento e (almeno nei tecnici e professionali) non si è mai messo da parte lo studente. Ad ogni persona un metodo diverso e adeguato. Non è un caso che la Costituzione sancisca la “libertà di insegnamento” che, come è ben specificato da una nutrita rappresentanza di costituzionalisti (leggasi a tale proposito il Grandi e Pera), è fondamentalmente dettata dalla libertà di scelta delle metodologie più opportune al contesto. Invece, abbiamo una successione di direttive e decisioni politiche che guardano alla metodologia e allo strumento come la panacea di tutti i mali dell’istruzione (imponendo metodologie di lavoro con la forzatura degli indicatori di valutazione), frammentando la docenza e la scuola fino alla disperazione con progetti di ogni tipo, e non ci si pone il minimo dubbio se l’introduzione degli angoli (e dell’angolo giro, che anticipa di molto l’introduzione della goniometria) non sia più oggetto di cosmologia (o cosmogonie) che di brutale trigonometria.

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Immagine in testata M. C. Escher, “Rettili”

Arturo Marcello Allega