La timidezza degli ideali

Quando Edmondo de Amicis scrisse il libro Cuore, pubblicato nel 1886 dai fratelli Treves, riscosse un successo tale da diventare quasi una Bibbia in ambito scolastico.

Il best seller, come potrebbe essere definito oggi, aveva lo scopo di insegnare ai giovani alcuni valori fondamentali, quali l’amore per la Patria, da poco costituita, il rispetto per le autorità e per i genitori, lo spirito di sacrificio, l’eroismo, la carità, la pietà, l’obbedienza e la forza, con i quali far fronte alle eventuali difficoltà della vita.

Le tre parti che argomentavano il libro, dalle pagine del diario di un ragazzo di una scuola elementare di Torino, alle lettere dei genitori, per finire ai racconti mensili proposti e letti dal maestro, affrontavano temi che colpivano l’attenzione degli alunni, i quali, con rigoroso silenzio e profonda curiosità, ascoltavano gli accaduti traendone il senso morale ed educativo delle varie vicende.

Sono convinta che al di là della modalità di insegnamento, ormai sorpassata da avanzatissimi e più moderni metodi didattici, gli argomenti allora trattati siano ancora oggi del tutto attuali: le forme di bullismo effettuate dal più prepotente nei confronti dei compagni più timidi e indifesi, individuati come “deboli”, l’incomprensione tra genitori e figli nel racconto del piccolo scrivano, l’inserimento di nuovi alunni che provengono da paesi lontani fino ad arrivare agli atti di eroismo di Ferruccio, che sacrifica la propria vita per salvare quella della nonna.

Non sono poi temi così distanti dagli attuali problemi sociali della nostra attuale realtà. Una scuola, alla fine non tanto diversa dalla scuola di oggi.

Eppure se oggi si leggessero alcune pagine di questo libro “vecchio” e “fuori moda” penso che riscuoterebbero, da parte dei ragazzi, atteggiamenti di scarsa attenzione e anche di ilarità, tali da rendere la lezione simile a una foto ingiallita dei tempi passati.

Cosa è cambiato? I ragazzi sono veramente diventati così insensibili a questo genere di sentimenti? Sono forse, più cinici, più materialisti?

Penso proprio di no.

La società nella quale si vive è una società dove molto spesso l’immagine, il potere, il facile raggiungimento del successo e le sfrenate tecnologie in continuo evolversi fanno perdere spesso di vista le cose più semplici ed elementari.

Certi valori, che sembrano scomparsi, non sono che assopiti, nascosti sotto la cenere del fuoco del progresso tecnologico, dal ritmo frenetico di una vita in continua corsa, tanto da non lasciare il tempo necessario per soffermarsi a pensare e a godere della semplicità delle piccole cose quotidiane, che inevitabilmente passano inosservate.

La bellezza o la forza di una persona non sono racchiuse nell’essere super donne o super uomini: belli, forti, potenti, maliardi.
La bellezza è una forza che parte dal profondo dell’anima e che dà nutrimento a tutto l’essere nella piena totalità della sua esistenza.
La bellezza non ha confini né contorni e si nutre giorno per giorno delle molecole della vita che in piena armonia si muovono nell’ambito della famiglia, della scuola, della società, del mondo, dell’universo.

Gli ideali e i valori sono alla base della nostra esistenza e occorre semplicemente riscoprirli da quel torpore nel quale sono momentaneamente caduti.

Il mondo industrializzato ha in qualche modo contribuito a diminuire l’attenzione nei confronti di alcuni sentimenti che però continuano a vivere nell’animo dei giovani rendendoli spesso timidi nel mostrare le loro vere virtù, le loro positive potenzialità, le loro immense ricchezze e il loro genuino e fantastico entusiasmo. Giovani che hanno paura di essere derisi da quella parte di società che ha come icone la violenza e la prepotenza.

Scoprire il piacere di rallentare la corsa e abbandonare il pensiero alla scoperta della lettura di un buon libro seduti in un giardino o seduti su una panchina di pietra della vecchia Roma, accarezzati dall’aria e dal profumo del giorno, gustare una lenta distensiva passeggiata senza dover correre per raggiungere l’ora che scocca, renderebbero la nostra vita più calma e soprattutto più disponibile alla riflessione e all’attenzione nei confronti non solo di noi stessi, ma anche degli altri.

Ai ragazzi di oggi forse non è stata data la giusta attenzione e spesso e volentieri proprio su di loro vengono scaricate le tensioni e le problematiche personali e sociali.

Se nel 1881 gli emigranti viaggiavano da una Regione all’altra d’Italia per trovare lavoro e poter dare da vivere alla propria famiglia, centotrenta anni dopo la società è cambiata e i nuovi cittadini italiani arrivano da molto più lontano.

L’idealismo dei giovani è un argomento inesauribile: è un pilastro che la famiglia, gli educatori e l’intera società hanno il dovere di valorizzare e alimentare, attraverso modelli che rappresentino quei valori e quegli ideali necessari non solo alla crescita dei giovani, ma soprattutto alla loro formazione.

Il periodo giovanile è l’età dei contrasti, l’età in cui la vita appare più importante e sembra promettere di più, quella in cui un ragazzo è spinto a cose nobili, a ideali ambiziosi; e si sente pronto a raccogliere la sfida.
È però anche l’età in cui la vita appare più complicata e le difficoltà sembrano accentuarsi: ci si ritrova a combattere contro difetti come l’egoismo, la pigrizia, la comodità.
È l’età delle contraddizioni: da una parte affetti e aspirazioni nobili, dall’altra atteggiamenti meschini ed egoistici.
È l’età dei grandi entusiasmi e dei profondi abbattimenti, l’età delle vittorie e delle sconfitte: è soprattutto l’età di lottare.

Un ideale è qualcosa di grande, al di sopra di noi stessi.
È qualcosa che attrae per la sua nobiltà, per la sua bellezza, e spinge una persona a uscire da se stessa, a dimenticarsi di sé, per difendere, ammirare, amare quell’idea e puntare in alto, senza remore, senza timori; per un ideale una persona è disposta a spendere tutta una vita.

Un ragazzo senza ideali e quindi senza obiettivi da raggiungere sarà probabilmente un ragazzo triste, infelice, monco. Gli mancherà la parte più importante del suo esistere, quella linfa vitale che gli servirà a essere vivo, felice e soprattutto forte.

Questo è il grande, stupendo compito dei genitori, della scuola, della società, di ognuno di noi nel nostro piccolo: trasmettere fiducia e sicurezza e non mascherare quanto di bello c’è in ognuno di loro senza che per questo provino vergogna dei loro innati sentimenti, senza che si sentano diversi, isolati.

Insegniamo loro a mettere in pratica la semplice, ma essenziale e fondamentale, filosofia di Socrate dell’arte della “maieutica”: insegniamo loro a tirar fuori le loro ricche potenzialità di valori che rappresentano la loro reale e necessaria spina dorsale per evitare che si curvino di fronte alle difficoltà della vita e ai futili bagliori di effimeri successi da vetrina.

Si troveranno cosi a essere i veri protagonisti di una società sana, nella quale potranno non solo riconoscersi, ma anche essere in grado di ricoprire ruoli e compiti che svolgeranno con professionalità, serietà e soprattutto con grande amore.

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Immagine in testata di Leosagnotti / Flickr (licenza free to share)

Anna Letizia Galasso