Spazi interni ed e(s)terni

Ho fatto le elementari vent’anni fa, scuola di un piccolo paesino, un’unica maestra con tanti anni di esperienza ma ancora piena di voglia di insegnare. Niente computer, ovviamente, un’unica aula, ma con molte sfaccettature. C’era il momento di recupero per chi restava indietro, il momento di approfondimento per chi andava bene, ma soprattutto c’era il momento sperimentale.

Un anno abbiamo fatto il mosto, me lo ricordo ancora oggi, comprare l’uva, schiacciarla, tenere in classe quel grosso contenitore con quel buon odore e ogni giorno a turno aprirlo, gustarlo, annusarlo, saggiarlo e annotare le proprie opinioni, le proprie impressioni. Imparavamo così ad ascoltare la natura e a capirne i ritmi, anche se noi i contadini non li vedevamo più. Imparavamo anche l’approccio sperimentale, le procedure per una ricerca, non solo chini su un libro, ma intenti a costruire qualcosa con le nostre mani. E poi si usciva in giardino a raccogliere le foglie e si catalogavano gli alberi, si andava nel parco cittadino per vedere gli animali, si respirava spesso all’aria aperta.

La scuola di oggi è un ambiente pieno di stimoli e possibilità al suo interno, ci sono aule multimediali, classi multiculturali, più maestre, un maggiore apporto di contenuti. All’interno. Ma talvolta l’esterno viene trascurato, vengono magari organizzate gite ai musei, ai parchi, ma non sempre vengono coinvolti gli alunni nel creare, nell’esplorare il mondo.

Tempo fa ho letto di un progetto in una scuola torinese dove si è organizzato un orto a scuola. Il progetto è multidisciplinare, tutti gli insegnanti sono stati coinvolti per collaborare con percorsi didattici mirati (in questo link viene spiegato brevemente il progetto). I bambini si sono appassionati a un progetto creativo, hanno visto crescere le piante, imparato a coltivarle, hanno imparato a fare il pane e la pizza, ma hanno anche imparato a mangiare meglio. Ora chiedono più verdure (sono le loro!) e a scuola fanno merenda con pane e marmellata fatti da loro. Questi bambini non hanno solo imparato la matematica e la biologia sul campo, hanno anche imparato il rispetto per gli altri, la collaborazione, la soddisfazione di gustare i frutti del proprio lavoro e di alimentarsi in modo sano.

Credo che la scuola debba prendersi carico anche degli spazi dell’animo dei piccoli alunni, creando opportunità di crescita sociale e morale. Questo è anche un buon esempio di educazione civica pratica, dato che unisce il rapporto con anziani e disabili, il rapporto con la natura e gli animali e con il mondo del lavoro. Nelle scuole italiane ci sono tanti progetti simili a quello di San Mauro Torinese, ma manca un quadro comune ed è tutto lasciato all’iniziativa dei singoli. Il rapporto con la natura, con gli altri e l’educazione alimentare andrebbero integrati come materie curricolari, senza costringere questi argomenti in un’ora settimanale, ma integrandoli alla normali attività curricolari, in modo che i comportamenti virtuosi diventino la quotidianità, prendendo gli esempi migliori e adattandoli alle realtà locali, coinvolgendo i bambini.

Ai bambini piace partecipare, la scuola può essere davvero un momento di scambio di saperi continuo e stimolante.

Chiara Filaferro