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Se dotti e abbandonati

Pubblicato il: 28/04/2010 16:15:21 -


La scuola deve essere un palinsesto sociale full time. Al pari dei suoi “rivali”: immaginate quante ore offre la tv e quante la scuola. Certo vuol dire trovare degli alleati fuori. Tra le biblioteche della città e gli spazi del tempo libero. Stringere connessioni con il life long learning. Il contributo è stato inviato dalla Community per il convegno del 23 aprile “La scuola nuova nasce dal basso. Esperienze concrete di innovazione educativa”.
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DAI CONTRIBUTI INVIATI PER IL CONVEGNO DEL 23 APRILE. Esaminiamo con un occhio rivolto fuori dal “cortile” come vengono raccontati i protagonisti delle nostre aule. “Bamboccioni, condannati a trenta anni di adolescenza”? la prima generazione che costruisce la sua esperienza del mondo per autoapprendimento invece che per scambio affettivo della generazione precedente? La tv prima e internet ora a quali bisogni risponde con più frequenza? Un altro filone di pensiero sostiene: “Il fatto è che la nostra scuola da sempre è tagliata in due: una componente prevalentemente educativa coincidente con la primaria e parte della media, e una componente prevalentemente istruttiva coincidente con l’altra anima della media e con la secondaria superiore”. Che vuol dire in termini di gestione e organizzazione della didattica? Un dibattito sulla scuola di ieri e i giovani di oggi. Ma non è solo una recensione della crisi. Proposte. Cambiare dal giorno alla notte. La gestione del tempo libero la dice lunga. Se gli obblighi si concentrano durante il giorno, che maestri diamo per la notte? Quando la delinquenza vive, la devianza nasce, il disagio cresce. Musei, biblioteche, teatri persino cinema, concerti, sport non sono concorrenziali nemmeno come fasce orarie con i divertimenti pericolosi. È quello che vogliamo?

Ma già Vannevar Bush ironizzava sulla nostra scuola. Per la verità la scuola di cui ha esperienza è quella degli anni trenta.

“La caratteristica più sorprendente del nostro professore, e quella che egli considerava una parte importante del suo lavoro, era però il tenere lezioni. Egli rimaneva in piedi davanti a un gruppo di una cinquantina di studenti e recitava oralmente un po’ di scienza (…). Non lo disturbava minimamente l’idea che un centinaio di altri professori in varie parti del paese facessero la stessa cosa nello stesso momento: era usanza del tempo che egli dovesse presenziare di persona a questa cerimonia”.

Ricordiamo gli inviolabili privilegi di fare scuola in presenza solo quando guardiamo terrorizzati all’ avanzare di prospettive come l’ e-learning. Una “Ricerca sulla didattica” e si scopre “la città come aula”.

Affinché non siano gli ultimi ciack della tradizione, dobbiamo abilitare i soggetti alla comunicazione, che non vuol dire solo e tanto il passaggio ai nuovi media quanto il recupero del “processo dialogico” con i testi. Quando si chiede discussione in aula, dai miei studi so, con altissima percentuale si domanda un richiamo contestualizzabile al “fare quotidiano”; anche da qui l’esigenza di non separare la lettura dell’oggi, e dei giornali, da quelle… “materia di studio” .

Riflettendo su i dati delle indagini Ocse Pisa e sui Paesi migliori si vedrà che caratteristica fondante è avere poche materie “uguali per tutti” e le altre a scelta dello studente, senza indirizzi! Così prescrittivi. Così discriminanti. Nell’Ontario per esempio sarebbe possibile scegliere di seguire il corso di greco e anche quello di falegnameria.

Chi lo dice che sia giusto separare nettamente il percorso umanistico da quello economico?

Quando un liceo classico fa rinunciare all’economia, alla sociologia, ma si può persino arrivare a fare a meno del Greco per esempio al Lucrezio Caro a Roma, dove è stato sostituito in alcune sezioni dalla terza lingua… siamo dinanzi a una crisi di identità forte che fa pensare sia meglio lasciar scegliere alle inclinazioni dello studente.

Immaginate quanto i filosofi siano maestri anche in questo nell’averci mostrato come steccati ideologici li abbiamo applicati noi moderni perché a un Kant o un Aristotele non passava in mente di estraniarsi a priori da dei saperi. Gli stessi che poi tutti sappiamo essere parenti più che mai: Filosofia, Sociologia, Psicologia, ma chi nutre interesse per questi approcci non pensate che meriterebbe di gustare la letteratura greca valore inestimabile e anche caratterizzante un certo modo di intendere la cultura e la storia delle nostre terre? Dicevamo la Filosofia… ma quante volte questa nel passato afferiva anche nella matematica? Invece una delle riforme pronta ai nastri di partenza? Prevede la possibilità di fare a meno della Filosofia nel Liceo Scientifico. Ah sì allora ecco che risolveremo i vuoti di questa scuola italiana! Vi lascio con una sollecitazione. Provate a scrivere la vostra “formazione”. Le materie che schierereste a difesa della cultura nel vostro istituto ideale, ai fini di una crescita completa dell’adolescente. Se almeno il 50% di voi risulta in linea sul numero, e sulle ultime cinque materie dell’elenco significa che il Ministero può fissarle… e vi consiglio di porgergli i vostri fogli, in caso contrario… schierate la barriera, chiedete di lasciar scegliere di quali materie nutrirsi. Le diete del broadcasting ministeriale non sembrano equilibrate tanto meno nei confronti degli istituti tecnici. Così come la tv generalista sembra aver fatto il suo corso e sempre più i canali tematici prendono piede per lasciare a ognuno la scelta del mix, alla stessa maniera va abbandonata l’idea di una scuola non programmata dal basso.

Benedetta Cosmi

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