Quale informatica nel liceo scientifico?

Può sembrare un paradosso, eppure il posto dell’informatica nella nostra scuola è ancora incerto. Tramontate le ambizioni perfino ingenue degli anni Ottanta, nei licei scientifici si è quasi del tutto rinunciato allo studio dei linguaggi di programmazione e a quell’impianto fortemente logico-formale che aveva caratterizzato gli esordi dell’informatica nella scuola. Per quanto possa apparire strano, stiamo assistendo a un sostanziale ripiegamento. Solo negli istituti tecnici industriali la troviamo come materia di studio in sé. Altrove, è spesso inglobata in discipline quali la matematica, in chiave per lo più strumentale (con enfasi sull’uso di alcune applicazioni, per esempio di calcolo, di rappresentazione, comunicazione, gestione dati), quando non si esaurisce nell’uso occasionale del calcolatore (o di internet).

Tuttavia, è importante riconoscere che questo aggregato disciplinare ha ormai assunto rilevanza tale e tale pervasività da essere un elemento costitutivo del nostro tempo, sul piano culturale e conoscitivo, non solo tecnologico. Come ritenere attuale una formazione scientifica generale che ne faccia a meno, limitandosi semmai a recepire alcuni dei suoi prodotti?

Per il liceo scientifico l’esigenza non può certo essere quella di addestrare a una “informatica di consumo”, che si limiti a nozioni spicciole sull’uso dei computer. Questa impostazione è già oggi superata dai fatti. La grande occasione formativa offerta dell’informatica è l’educazione al pensiero algoritmico, inteso come studio ed elaborazione di strategie efficaci per la risoluzione di problemi.

A sua volta sorpassata appare la pretesa di confinarla a mera appendice della matematica e della logica. L’informatica ha natura di per sé ibrida, al crocevia di logica, matematica, elettronica, tecnologia, comunicazione. Vi si intrecciano teoria e pratica, sintassi e semantica, pensiero razionale e organizzazione. La sua efficacia e il suo rapido progresso si nutrono di un rapporto vivo e dinamico con la realtà scientifica, tecnologica, economica, sociale, di un confronto diffuso e collaborativo/competitivo nelle comunità di utenti, programmatori, progettisti.

Tutto ciò ne fa un sapere aperto e creativo, e insieme saldo, formativo, al quale concorrono le capacità strategiche, la rappresentazione e la risoluzione di problemi di origine molto varia, la costruzione di algoritmi, la codifica in linguaggi di programmazione.

Perdere di vista le coordinate di riferimento di questi territori, rinunciare a inquadrarli in un contesto condiviso e assimilato dalle giovani generazioni può significare un grave deficit di conoscenza e di pensiero, di capacità di agire nella realtà contemporanea. Tanto più che si tratta di elementi talmente pervasivi che comunque i giovani dovranno entrarvi in contatto: la rinuncia ad affrontarli seriamente e con consapevolezza culturale può tradursi in un “fai da te” condannato a rimanere ai margini dei processi. Se ancora qualche decennio addietro in Francia si sosteneva che la geometria è il latino degli ingegneri, dovremmo renderci conto del dato di fatto che sono le scienze informatiche il latino del nostro tempo.

La cultura informatica è portatrice in modo naturale di un’etica dei risultati e delle responsabilità, di partecipazione evoluta e attiva allo sviluppo tecnico-scientifico, dei valori dell’argomentazione informata e razionale. Nessun margine per artifici, vaghezze inconcludenti, scappatoie; la libertà creativa lasciata al singolo è notevole, tuttavia la disciplina delle procedure è stringente: occorre aderire alla sintassi per dominarla e piegarla a obiettivi di volta in volta mutevoli, che possono essere legati nei modi più vari alla risoluzione di problemi ben precisi. Un balsamo per la cultura nazionale.

Nel trattare tematiche di così evidente attualità, è importante evitare di ragionare con respiro troppo breve, in una dimensione che si appiattisce sull’istante. Il miglior antidoto rispetto alle derive “presentistiche” è un programma di studio culturalmente fondato, aggiornato, che si integri con le diverse conoscenze scientifiche e con il discorso storico e filosofico, che metta gli studenti in condizione di poter apportare la propria riflessione critica, su salde basi. La cosiddetta società dell’informazione richiede la crescita di una diffusa capacità di parteciparvi ad alto livello, in maniera attiva e consapevole, se si vuole evitare di rimanere estromessi dalla genesi dei processi (produttivi, tecnologici, culturali) ed esserne quindi coinvolti nella sola veste di consumatori.

Un syllabus di informatica nei licei scientifici potrà comprendere temi quali l’analisi e la formalizzazione di problemi di varia natura (la cosiddetta ricerca operativa), l’elaborazione di algoritmi, la codifica nei linguaggi di programmazione, le strutture di dati, o anche elementi quali sistemi operativi, reti, protocolli di trasmissione e di protezione di dati, le nozioni di base di elettronica e di architettura dei calcolatori.

Sia per le risorse rese disponibili con gli strumenti di calcolo e di elaborazione, sia per il salto di qualità derivante dalla mentalità algoritmico-risolutiva, l’insegnamento di varie altre discipline ne potrà trarre un naturale vantaggio. In primo luogo la matematica, della quale potrebbe agevolare il rinnovamento curricolare (pensiamo solo a tutta la matematica discreta, ancora aliena nel nostro paese).

Migliorerebbe inoltre l’impiegabilità lavorativa dei diplomati, già alla fine del liceo, in modo che i percorsi universitari siano vissuti come scelta di arricchimento e non dettati dall’assenza di alternative. Se si procederà verso la messa a punto di un sistema di formazione sempre più distribuito nell’arco della vita, allora un liceo scientifico sorretto da solide base di cultura informatica potrebbe iniziare a fornire risposte sensate alle sfide che ci stanno davanti. Può essere la carta vincente per un liceo scientifico che offra ai suoi diplomati solide basi culturali, buone prospettive sia occupazionali sia di formazione universitaria, e soprattutto la capacità di leggere la nostra epoca e di sapervi agire con spirito razionale.

Paolo Francini