Progetto Calamaio, incontri con la diversità

L’idea alla base del Progetto Calamaio è molto semplice: non è sufficiente parlare di disabilità o, più in generale, di diversità; per produrre un effettivo cambiamento culturale è necessario creare relazioni che, liberandoci dai pregiudizi, consentano una comprensione della propria e altrui diversità e favoriscano un atteggiamento di apertura e disponibilità nei confronti degli altri.

Nell’incontro diretto con le persone disabili, infatti, le prime reazioni dal punto di vista emotivo sono la paura e la diffidenza. Accostarsi ad una persona disabile suscita questi sentimenti perché la diversità, e non solo quella del disabile, costringe a uscire da se stessi per confrontarsi con l’altro e questo movimento verso l’esterno viene vissuto come perdita di parte della propria identità. In effetti, accogliere l’altro significa rinunciare a una parte di sé, mettere in discussione i propri schemi e le proprie convinzioni, ma questo confronto non rappresenta una perdita per l’individuo bensì un arricchimento.

Da oltre vent’anni, quindi, il Progetto Calamaio si propone come un laboratorio educativo sull’inclusione e la valorizzazione della ricchezza delle diversità. La sua specificità è il fatto di essere ideato e progettato da educatori e animatori con disabilità che lavorano all’interno di un gruppo nel quale, seppur con ruoli diversi, tutti partecipano alla pari.

Per fare ciò, ovviamente, è necessario formarsi, sia che si parli di animatori con disabilità sia di educatori. Entrambi, infatti, rischiano di rimanere imprigionati nello stereotipo della relazione educativa: io educatore educo e assisto, tu disabile vieni educato e assistito, io propongo e organizzo e tu accetti e partecipi.

L’idea rivoluzionaria del Progetto, invece, è quella di costruire insieme un nuovo modo di lavorare sul tema dell’inclusione, partendo proprio da una partecipazione inclusiva al lavoro stesso.Ecco l’innovatività del progetto, all’avanguardia vent’anni fa come oggi. Purtroppo, per certi versi. Sì, perché se dobbiamo riconoscere che molte cose sono cambiate in meglio, dobbiamo anche accettare che è necessario percorrere ancora molta strada perché le persone con disabilità non vengano più valutate per difetto ma, semplicemente, per ciò che sono e per le abilità che possono mettere a disposizione.

Negli ultimi anni gli ambiti di intervento del Progetto si sono molto differenziati. La scuola, ambiente privilegiato in quanto luogo di relazioni nel quale i bambini e i ragazzi trascorrono molte tempo e dove, indubbiamente, formano molto del loro essere futuri cittadini, è stata affiancata da nuovi luoghi di integrazione. Musei, parchi, fattorie didattiche, centri diurni ma anche centri sportivi, spazi di incontro interculturale, biblioteche, insomma luoghi, in senso lato, che producono una contaminazione positiva a favore di un’inclusione reale, concreta, quotidiana. Laboratori nei quali l’idea del progetto ha trovato nuovo ossigeno e nuove occasioni di relazione.

Gli incontri, pur avendo in comune i contenuti, si differenziano a seconda del contesto nel quale si realizzano e alla tipologia di gruppo al quale viene proposto, adattando gli strumenti a seconda delle diverse esigenze. La metodologia di lavoro utilizzata prevede un approccio attivo e collaborativo, in cui bambini e ragazzi vengono coinvolti in prima persona e resi soggetti attivi del percorso, fornendo loro gli strumenti e le occasioni necessarie.

In oltre vent’anni abbiamo incontrato migliaia di classi, in ogni parte d’Italia, studenti e insegnanti disponibili a mettersi in gioco per trasformare la classe in un laboratorio nel quale giocare con la disabilità, riducendo enormemente la distanza tra “ciò che pensavo” e “ciò che ora conosco perché ho incontrato”.

Ecco allora che il titolo diventa anche un invito: non solo parole sulla diversità, non solo leggi, non solo azioni… cerchiamo e creiamo occasioni concrete in cui le diversità, tutte, possano incontrarsi, conoscersi e dialogare.

http://www.accaparlante.it/il-progetto-calamaio

Claudio Imprudente e Roberto Parmeggiani