Keep it trill, storie di ragazzi negli istituti penali minorili

Keep it trill. Questo è il titolo del VI Rapporto sulla giustizia minorile in Italia: ‘true’ e ‘real’ (genuino e autentico), così sono le storie dei ragazzi di cui si occupa la giustizia minorile, storie che Antigone raccoglie nei video che accompagnano il rapporto ed indicano quale dovrebbero essere gli obiettivi realizzabili dagli IPM Istituti Penali Minorili. Il Rapporto esplicita in modo chiaro la necessità di andare a un superamento di questo tipo di istituto, evidenziando gli elementi che ne richiedono urgenti e sostanziali cambiamenti normativi.

Le proposte.

Antigone legge il sistema penitenziario minorile italiano alla luce dei principi della Convenzione Onu dei diritti per l’infanzia (1989), cui l’Italia aderisce, e denuncia inoltre come la situazione italiana sia ben lontana dal garantire la funzione rieducativa della pena (vedi art 27 della Costituzione) per gli adulti ed ancor meno per i minori.

La Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia afferma che il principio ispiratore di qualsiasi intervento debba essere il “ superiore interesse del minore” e, proprio in questo senso, anche l’articolo 27 della Costituzione italiana, non solo assegna alla pena una funzione rieducativa, ma pone limiti all’esercizio del “potere di punire” con lo scopo, più volte ribadito, di evitare trattamenti contrari al senso di umanità.

Adottare questi principi ai trattamenti rivolti a ragazzi e ragazze, significa prima di tutto definire una diversa modalità di classificazione dei reati e un “più vario pluralismo sanzionatorio”: il furto di un ragazzino in un supermercato non può essere paragonato a quello in appartamento di una persona adulta. Una riclassificazione permetterebbe di depenalizzare il reato e/o attivare interventi di giustizia riparativa: un minore colpevole di un atto definibile come oltraggio deve essere educato, ma fuori dal luogo di detenzione, perché la reclusione sicuramente non induce comportamenti rispettosi di sé e degli altri.

Tre sono le soluzioni praticabili in questa prospettiva

  1. Il carcere non dovrebbe essere previsto per i minori di 16 anni o in genere per i minorenni, indipendentemente dal reato commesso. I più giovani in IPM sono sempre meno, mentre il 18 % dei reclusi ha più di 21 anni, sulla base della normativa attuale[1] proprio per questo motivo, garantire percorsi e spazi adeguati ai minori, entro gli IPM, diviene di fatto estremamente complicato.
  2. Nell’ottobre del 2018 è stato introdotto un ordinamento per gli IPM, che dovrebbe essere articolato in una normativa capace di distinguere le necessità dei giovani adulti da quelle dei minori in termini di socialità, di contatti col mondo esterno, della disciplina, dell’isolamento, della scuola, della formazione, della vita in comune, degli affetti, dell’uso e dell’accesso alle tecnologie ecc.
  3. L’attuale sistema che prevede che un minore, che violi le regole della comunità in cui è inserito, venga mandato per un periodo limitato in un IPM, produce una situazione difficilmente gestibile ed assolutamente inutile in una prospettiva di recupero socio-educativo; di fatto è proprio tutto il sistema degli “aggravamenti” della pena che dovrebbe essere completamente rivisto, perché nella situazione attuale si producono più guasti che benefici.
Qualche numero

A gennaio 2022 erano 316 (44% stranieri, 2,5% ragazze) i minori e i giovani adulti presenti nelle carceri minorili italiane; 13.611 è il numero di tutti i soggetti in carico al Servizi della Giustizia Minorile, si tratta quindi del 2,3% del totale. Sicuramente qualcosa sta cambiando, la detenzione viene progressivamente ridotta mentre si cerca di realizzare risposte alternative, proprio per questo si tratta di porre mano a una normativa complessivamente diversa.

Dal 2016-2020, gli omicidi volontari commessi dai minori sono diminuiti del 66%, calo che era iniziato già a partire dagli anni ’90 del secolo scorso (nel 2020 gli omicidi commessi da ragazze sono 2, meno del 20%, percentuale tuttavia molto più alta di quanto accade per le adulte); le nazionalità degli omicidi sono: 7 gli italiani, 4 gli stranieri. In genere gli stranieri commettono un maggior numero di reati meno gravi. Durante il lockdown sono tuttavia triplicate le segnalazioni di pedo pornografia on line.

Il 52,5% è detenuto in IPM senza una condanna definitiva, percentuale superiore rispetto a quanto accade agli adulti (30%), va tuttavia notato che questo tempo di detenzione è mediamente breve per i minori e non è detto che poi la pena venga scontata in detenzione, perché la condanna definitiva può essere espletata come custodia cautelare.

I reati commessi dai minori.

Il 54% dei ragazzi sono detenuti per delitti contro il patrimonio, furti e rapine (60% sono gli stranieri, 73% le ragazze). I reati contro la persona sono in media il 20% delle detenzioni (il 18% sono gli stranieri, l’8% le ragazze). Gli stranieri, come si è già detto, commettono reati meno “gravi” rispetto a quelli commessi dagli italiani. I paesi di provenienza sono : Balcani (Albania, Bosnia Erzegovina, Romania e Serbia) e Nord Africa (Marocco, Algeria, Tunisia ed Egitto).  I delitti contro la persona sono commessi piuttosto da minori italiani.

Divari territoriali.

Gli IPM collocati nel Sud e nelle Isole sono 10 su un totale di 17 sono, mentre maggiore è la percentuale di  Servizi della Giustizia Minorile presenti nel Centro-Nord (nel 2022 il 47,6% dei giovani era in carico ad uffici del Sud o delle Isole, mentre più della metà era in carico agli uffici del Centro e del Nord, aree in cui le opportunità per percorsi alternativi al carcere sono più diffuse).

Le comunità residenziali che accolgono minori e giovani adulti sottoposti a provvedimenti penali.

Nel 2021 sono 637 le comunità accoglienti, di queste solo 3 sono dipendenti direttamente dal ministero (Bologna, Catanzaro e Reggio Calabria), le altre 634, registrate in un elenco semestralmente aggiornato, sono strutture private accreditate dal Ministero. Al 15 gennaio 2022, erano 923 i ragazzi ospitati da comunità. Solo il 2% circa si trova nelle 3 comunità dipendenti dal ministero. Degli altri, 196 si trovavano in Lombardia, 125 in Campania, 120 in Sicilia, 3 in Trentino Alto Adige, 4 in Basilicata, 6 in Friuli Venezia Giulia ( circa più di 700  vi si trovano a seguito di misure cautelari, circa 300 per provvedimenti di messa alla prova.

La messa alla prova.

Dato molto positivo è che tra il 1992 e il 2020 queste misure sono aumentate di più del 200 %, (erano il 2,9% nel 1992, l’11,1% nel 2005, il 18,4% nel 2017).

Si può fare di meglio

Esperienze che dimostrano cosa e come “si può fare”,  storie di ragazzi finiti nel circuito penale, che Antigone racconta nella serie video con Kento

Keep it Trill – Storie di ragazzi nelle carceri per minorenni

[1] Nel 2014 la legge n. 117   ha portato da 21   a 25 anni l’età di quanti, avendo commesso reati da minorenni, si trovano in IPM

 

Vittoria Gallina