Inculturazione e acculturazione: la cultura nella didattica

Riprendiamo le definizioni che la piccola Treccani propone per “inculturazione” e “acculturazione“: per “inculturazione” s’intende “l’assimilazione della cultura di appartenenza durante il processo di socializzazione dell’individuo”, per “acculturazione” invece “l’incontro tra due culture senza alcuna osmosi e assimilazione dell’una da parte dell’altra”. Dato che l’insegnamento è fondamentalmente basato sull’inculturazione, si verifica nei testi scolastici la presenza di numerosissime contraddizioni didattiche tali da conseguire disorientamento e rappresentare terreno di doppi legami. A causa di queste contraddizioni, l’interazione didattica vede un feedback del discente assumere al meglio la dimensione ebefrenica (=ambigua e contraddittoria n.d.r.) se non del tutto bloccata a causa del disorientamento ricordato.


Ora, la mancanza di un esplicito feedback e la risposta ebefrenica non rappresentano certo un’assimilazione della cultura di appartenenza, anzi sono segnale di completa estraneità alla stessa.

Questo porta alla dimensione di acculturazione di una tale didattica con i problemi formativi negativi che ne possono conseguire e che oggi sono molto diffusi (baby gang, droga, ecc.).

Se sono convinto che la dimensione didattica possa vedere quella formativa solo trasversale a tutti i momenti di socializzazione del discente (gruppo dei pari, gruppi sportivi, ecc.), quindi diversamente da quanto condiviso dagli ultimi Ministri dell’Istruzione (la scuola intesa come luogo d’insegnamento di una cultura e solo trasversalmente luogo educativo, analogamente al gruppo dei pari, al gruppo sportivo, ecc.), io dissento. Dissento dal ministro Fioroni, che esalta il ruolo educativo della scuola, e dalla Gelmini, con la dimensione di profitto attribuita al voto di condotta, perché hanno confuso, come operano le “chiese” in genere, apprendimento con educazione.

Giuliano Benuzzi