La favola del rigore e della severità

Il documento emanato dal Miur nel marzo scorso dal titolo “Gli scrutini intermedi. A.S. 2008/09” (a cura della Direzione Generale per gli Studi e la Programmazione e per i Sistemi Informativi) evidenzia in maniera oggettiva la tendenza in atto nella scuola secondaria italiana ad avventurarsi lungo il vecchio sentiero del “rigore” e della “severità”. I dati dello scorso anno sul tasso dei “debiti formativi” nelle scuole secondarie di 2° grado (si era parlato del 75% degli alunni con almeno un debito) viene confermato in pieno nel primo quadrimestre di quest’anno scolastico e viene rafforzato dall’analogo dato delle Scuole secondarie di 1° grado, “gettate” nella valutazione numerica “vent’anni dopo” dalla legge n° 169 del 30 ottobre 2008.

Credo sia interessante notare alcune cose:

• nelle scuole italiane vengono chiamati “rigore e serietà” ciò che gli organismi internazionali e il nostro ministero chiamano “dispersione scolastica”;
• l’enfasi valutativa numerica procede nel progressivo allontanamento del sistema scolastico italiano dalla ricerca attorno alla certificazione delle competenze;
• gli strumenti valutativi hanno “appassionato” le scuole italiane senza creare alcun collegamento tra l’aumento della potenziale dispersione scolastica e i necessari meccanismi di recupero da attivare ad anno scolastico in corso;
• l’aumento delle bocciature a fine anno toccherà soprattutto gli alunni stranieri e quelli disagiati, aumentando le difficoltà oggettive delle classi del prossimo anno scolastico.

La decisione governativa di ritornare ai voti numerici e di includere in questa modalità valutativa anche la valutazione delle competenze appare segnata da un’analisi non attenta del contesto internazionale in cui si colloca il sistema scolastico italiano. La risposta di tutta la scuola secondaria italiana è una volta di più però particolarmente pericolosa: il sistema era già in forte crisi davanti ai precedenti tassi di dispersione e quindi l’aumento di quei tassi costituisce già di per sé un allarme sottovalutato.

L’attuale situazione prefigura una divaricazione tra i due binomi valutazione/certificazione e apprendimenti/competenze, che in questo momento costituiscono ambiti non risolti della didattica italiana. Anche il forte impulso alla ricerca, pur intesa in forma soprattutto di resistenza al sistema, dato dal dibattito sul Portfolio contenuto nella Riforma Moratti e sulla necessità di trovare forme di valutazione degli apprendimenti e di certificazione delle competenze più legati all’efficacia del processo che alla sua efficienza sembrano storie di un tempo lontano.

La dimensione culturale dell’azione valutativa delle scuole sembra essersi fermata all’“Eboli” del tentativo di recuperare autorevolezza attraverso la severità punitiva delle valutazioni. Il binomio che riappare all’orizzonte è quello che ha fatto scattare la necessità dell’autonomia, della curricolarità, della progettazione e cioè il binomio insegnamento/punizione, per cui se i docenti insegnano e gli studenti non imparano è normale punirli.

Vedo in giro poca consapevolezza sull’assenza di risorse per far fronte a un’accentuazione della dispersione scolastica, con una certa gioia non repressa a vantarsi dei dati della nostra imbarazzante dispersione.

Stefano Stefanel