Energia e ambiente

I repentini cambiamenti cui stiamo assistendo nel mondo globalizzato rendono particolarmente interessante un passaggio degli obiettivi europei raccolti nella “Strategia EU 2020”. Gli obiettivi fissati dalla Strategia EU 2020 (crescita intelligente, crescita sostenibile, crescita inclusiva) “saranno valutati sulla base di cinque traguardi principali rappresentativi livello di UE, che gli Stati membri saranno invitati a tradurre in obiettivi nazionali definiti in funzione delle situazioni di partenza”: uno di questi obiettivi prevede che “i traguardi ‘20/20/20’ in materia di clima/energia devono essere raggiunti”.

Terminato non troppo felicemente il decennio degli Obiettivi di Lisbona (nel complesso falliti), l’Unione Europea ha deciso di alzare il tiro passando dalla società della conoscenza a una società più complessa in cui la conoscenza deve cercare di penetrare la società soprattutto attraverso l’energia e l’ambiente, cioè i due beni primari necessari a rendere competitive le nuove generazioni (digitali).

La Riforma Gelmini delle Scuole secondarie di secondo grado della Strategia EU 2020 non ha tenuto molto conto e sia il cambiamento imposto ai Licei, sia quello imposto agli Istituti tecnici e professionali non è andato a incidere su quelli che dovrebbero essere gli scenari didattici che lo studio dell’ambiente e dell’energia potrebbero aprire.

Presa sul serio l’indicazione europea richiederebbe un lavoro molto preciso sul curricolo verticale nel primo ciclo dell’istruzione e su una ridefinizione degli ambiti curricolari del secondo ciclo, non attraverso una rideterminazione delle classi di concorso, ma attraverso un meccanismo che colleghi la flessibilità del curricolo ai nuovi obiettivi europei. È possibile tutto questo? Personalmente credo di no, ma proprio per questo penso sia necessario affrontare in maniera pubblica un ragionamento sul rapporto molto debole tra apprendimenti scientifici e rigidità disciplinare della scuola italiana.

Energia e ambiente non sono due materie, ma costituiscono un reticolo multidisciplinare di estrema complessità: economia, lingue straniere, geografia, storia, politica, scienze, chimica, fisica, matematica sono solo alcune delle “materie” che andrebbero a strutturarsi dentro un curricolo che costruisca duraturi apprendimenti e spendibili competenze negli ambiti dell’energia e dell’ambiente.

Se però si pensa di risolvere la questione che pongo attraverso micro progetti aggiuntivi su ambiente ed energia, che diventano poi soggetti di cartelloni e power ponit illustrativi penso si fallirà ancora l’obiettivo di mettere la nostra scuola al passo con i tempi. Enel, Eni, Terna sono alcuni soggetti italiani molto forti in questo settore che richiedono forti specializzazioni in un mercato in evoluzione. Ma anche le politiche regionali e comunali di tipo ambientale costituiscono un banco di prova coerente per le scuole.

D’altronde è sotto gli occhi di tutti uno dei più gradi e misconosciuti successi della scuola statale italiana: se oggi in buona parte d’Italia funziona la raccolta differenziata ed è stato invertito il trend che vedeva gli italiani come refrattari a ogni sensibilità spinta verso la raccolta dei rifiuti, questo è in gran parte merito della scuola e dei bambini, che crescendo hanno reso l’attenzione sulla raccolta differenziata molto diffusa nelle famiglie. Anni e anni di ragionamenti sui rifiuti, progetti delle scuole, pressione sulla coscienza ecologica degli alunni più piccoli hanno trasformato l’Italia da potenziale discarica a cielo aperto in paese in grado di svolgere una seria politica ambientale sui rifiuti.

Il meccanismo da mettere in atto per raggiungere l’obiettivo europeo è di tipo progettuale e non sindacale: non si tratta di definire a priori chi fa cosa, ma di avviare un piano didattico nazionale, che svolga in assoluta verticalità un’azione di forte penetrazione dei curricoli tradizionali (e tradizionalisti) inserendo l’energia e l’ambiente tra i luoghi necessari della didattica italiana.

Come sopra detto sono fortemente pessimista, ma ugualmente deciso a rendere visibile la necessità di sciogliere il legame tra “ora di insegnamento” e “materia insegnata” per tendere verso quello tra curricolo e studente. Non quindi una scuola in cui ambiente ed energia si affrontino nell’ora di scienze o di storia o di geografia o di chimica, ma uno “sfondo integratore” che collochi le discipline dentro la strategia EU 2020.

Stefano Stefanel