Congiunzioni per una pedagogia del “sé”

Il figlio dell’editore, sir Stanley Unwin, letto il romanzo, scrisse al padre che si trovava all’estero, informandolo che giudicava un investimento di 1.000 sterline compatibile con l’interesse dell’opera.

Il telegramma di ritorno diceva: “Se questo è il tuo giudizio, procedi”.

SE il giovane Rayner S. Unwin non avesse creduto nell’opera, anteponendo il mero calcolo razionale del profitto, i lettori di tutto il mondo avrebbero perso una grandissima opportunità (e, va detto, l’editore non avrebbe incassato i milioni che il libro gli avrebbe reso dalla pubblicazione, nel 1954-55, a oggi).

Raccontano le cronache sportive che l’allenatore del giovane tennista svedese Bjorn Borg fosse un appassionato del metodo Montessori.

Il futuro campione aveva una impostazione tecnica, soprattutto nel rovescio, dicono gli esperti, del tutto scorretta e inusuale.

Ma l’allenatore lo lasciò fare, convinto, secondo i princìpi della grande educatrice marchigiana, che l’esperienza e la fantasia, e non la mera osservazione di regole prestabilite, avrebbero potuto produrre buoni risultati.

SE avesse voluto correggere Borg, gli appassionati di tutto il mondo avrebbero perso l’opportunità di vedere in azione uno dei più grandi campioni degli anni Settanta (e non solo).

Racconta Silva Sabbadini – anziana ed elegantissima signora di origine milanese, che ha vissuto molti anni anche a Padova – che al ritorno da Auschwitz, dove aveva visto scomparire, insieme a decine di compagne e compagni di prigionìa, anche il padre e lo zio, lei e la madre furono ospitate per un certo periodo da una famiglia di Bucarest.

Quando la madre, entrata nell’appartamento che le avrebbe ospitate, vide un pianoforte, si sedette e cominciò a suonare, come non faceva da anni. “Questo” dice Silva “fu il segno che eravamo ritornate alla vita”.

SE non ci fosse stata quell’esperienza in Romania, dovuta a un caso fortuito, anche l’esistenza nel dopoguerra delle due donne ebree sarebbe stata probabilmente molto diversa.

Sono solo tre esempi, presi in contesti molto diversi tra loro – uno letterario-editoriale, uno sportivo, uno esistenziale e storico – di quali bivi si aprano in circostanze diverse e di quali conseguenza derivino da una scelta.

“SE fossi un cigno, me ne sarei andato” – canta Roger Waters in “If” (che sta nell’album dei Pink Floyd “Atom Heart Mother”, pubblicato nel 1970) – “se fossi un treno, sarei di nuovo in ritardo. E se fossi un brav’uomo, parlerei con te più spesso di quanto faccio”.

È anche per questo che, ogni volta che parliamo della Rete di cooperazione educativa “C’è speranza se questo accade a…” siamo portati a mettere l’accento certamente sul sostantivo “speranza” e sul verbo “accade”, ma sempre di più sulla congiunzione “se”, piccola ma decisiva nel suo prefigurare una possibilità alternativa a quelle date dalle situazioni esistenti, dalle regole che le definiscono e, a volte, da una certa pigrizia intellettuale e pratica che le vorrebbe definitive e immutabili.

Abbiamo quindi cominciato a pensare e progettare il terzo incontro nazionale della Rete, che si terrà sabato 12 e domenica 13 ottobre, con il titolo “I passi dell’educazione. Verso un’armonia tra arte e scienza”, a Padova e dintorni, in collaborazione con la terza edizione del Festival della lentezza (www.viteinviaggio.it; www.festivaldellalentezza.it).

Il sottotitolo è un grande regalo che ci ha fatto il nostro maestro Mario Lodi.

Quando gli abbiamo chiesto di darci una sua definizione di “educazione”, la risposta è stata: “L’educazione è un’armonia tra arte e scienza”. Tra sapere e fantasia, tra metodo e improvvisazione, tra tecnica e creatività, e così via, potremmo dire, visto che l’orizzonte che ci si è aperto davanti è davvero suggestivo e sconfinato.

La mattina di sabato 12 ottobre vedrà una discussione di studio fra tre ospiti eccezionali: Roberto Pittarello, Francesco Tonucci e Mariapia Veladiano, che saranno sollecitati al dibattito da una coordinatrice esperta.

Nel pomeriggio si svilupperanno i laboratori che, ancora in termini indicativi, dovrebbero essere indirizzati per i diversi momenti della crescita:
• il periodo della gravidanza e del parto;
• la fascia di età 0-3 anni (asilo nido); quella 3-6 anni (scuola dell’infanzia);
• l’accesso alla scuola primaria di primo grado (la 1^);
• gli anni della scuola primaria di primo grado (dalla 2^ alla 5^);
• la scuola primaria di secondo grado;
• l’adolescenza.

La prima parte della mattina di domenica 13 sarà occupata da gruppi tematici di discussione e di elaborazione.

La seconda da un momento di opportuna “restituzione” delle idee e dei punti critici sorti sia nei laboratori sia negli stessi gruppi tematici.

Il pomeriggio di domenica 13 ottobre – raccogliendo una bella tradizione che gli amici del Festival della Lentezza hanno denominato Slow Day – si chiamerà “Le ore dell’arte in valigia”.

Non dimenticando il grande insegnamento del nostro amico Gianfranco Zavalloni e della sua “Pedagogia della lumaca”, abbiamo pensato ad artisti che si portano dietro la propria strumentazione proprio come i gasteropodi: burattinai, fisarmonicisti, miniaturisti, calligrafi, etc.

Ricordiamo che per aderire alla Rete di cooperazione educativa “C’è speranza se questo accade a…” è sufficiente inviare una mail con alcuni dati (nome e cognome; luogo di residenza; eventuale recapito telefonico) e una semplice riga di “richiesta di adesione” a ll’indirizzo sequestoaccade@gmail.com.

Così facendo, si viene inseriti nella mailing list, attraverso la quale viene inviata la newsletter “Il telegrafo del crepuscolo”.

(Fra noi c’è qualche appassionato di cinema. Il titolo viene da un film troppo famoso anche solo per ricordarlo…).

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Immagine in testata di redrepei / Flickr (licenza free to share)

Carlo Ridolfi