Alla ricerca del tempo (scolastico) perduto 

Messa da parte l’inopinata proposta del prolungamento della scuola fino al 30 giugno, viziata all’origine dall’idea di ‘tempo perso’, resta sul piatto il tema dell’impoverimento educativo verificatosi in questo anno di scuola sia in presenza sia a distanza, al quale quella iniziativa si candidava erroneamente a rispondere.

L’impoverimento educativo c’è stato e continua a esserci. E non ha nulla a che fare con il tempo, né è una prerogativa della sola Didattica a Distanza, bensì riguarda la qualità e le caratteristiche del fare scuola di questo ultimo anno.

Dal mio modesto punto di osservazione di docente di scuola secondaria di secondo grado posso testimoniarlo. Se gli alunni bravi e autonomi hanno risentito forse poco del regime scolastico emergenziale, pur notando un calo anche in loro, posso confermare che gli alunni più fragili e anche una quota significativa di quelli che normalmente se la cavano, si sono in quest’anno gravemente persi. Quando in classe richiamo cose affrontate dal lockdown primaverile incontro sguardi persi, neanche il titolo dell’argomento…

Non sono serviti a nulla i Piani di Apprendimento Individuali tenutisi a settembre 2020 per recuperare le mancanze dello scorso anno scolastico, come d’altronde avevano un’utilità pressoché nulla i corsi di recupero in regime ordinario e sarebbe stato altrettanto inutile il prolungamento delle lezioni a giugno. Questo sì che è stato e sarebbe tempo perso.

Tutte operazioni di facciata per poter dire che si è fatto qualcosa, ma nei fatti senza nessuna incidenza sulle situazioni di carenza formativa. Chi vive la scuola lo sa benissimo. Fanno parte di quelle finzioni alle quali ormai la scuola è abituata e che in regime di pandemia sono ulteriormente aumentate: si fa finta di seguire la lezione, di partecipare al webinar, al corso di formazione, al collegio dei docenti, al consiglio di classe, alla riunione e via discorrendo, fino all’infinita serie di documentazioni e documenti progettuali introdotte dalla burocrazia scolastica e compilate senza alcun richiamo alla realtà. Non è certo questo di cui si ha bisogno per affrontare l’impoverimento educativo.

Servono interventi di qualità e risorse. Non ci si illuda che la situazione si può affrontare senza un grande investimento. Le soluzioni fatte in casa, appioppate alle singole scuole con il proprio corpo docente e le proprie risorse ordinarie partoriscono topolini. Occorre invece  una didattica mirata al recupero delle carenze formative e in grado di prendersi in carico le situazioni di forte scollamento dalla scuola che si sono ingenerate.

Serve un piano di tutoraggio pomeridiano (anche a distanza, appoggiandosi all’infrastruttura messa in piedi dalla scuola o, laddove disponibili, nei locali scolastici) con gruppi di massimo tre studenti affidati a una figura di supporto che ne segua l’impegno scolastico in un rapporto quasi individualizzato, il solo in grado di sortire effetti significativi nella situazione attuale. Quel che serve è  un tutoraggio a 360 gradi, sulle materie in cui le carenze sono più marcate, l’affiancamento nello svolgimento dei compiti, supporto allo studio, e al grado di coinvolgimento scolastico.

Tutto questo serve adesso, il prima possibile, non a fine anno scolastico o a settembre. Deve trattarsi di un accompagnamento in itinere, affiancato allo svolgimento delle lezioni mattutine, in grado di ‘rimettere in carreggiata’ gli studenti bisognosi e far loro affrontare in primis l’anno scolastico in corso. Se non si vuole che anche questa sia un’operazione di facciata questo piano di tutoraggio deve essere affidato a figure che si aggiungono al corpo docente ordinario, alle graduatorie, su tutte le classi concorso dei docenti, perché una simile azione di accompagnamento si può svolgere anche senza competenze specifiche nella materia, si tratta di motivazione allo studio, metodo, impegno, e un professore lo può fare al di là della sua disciplina di insegnamento. Si contrattualizzino, fino a fine anno scolastico, due-tre docenti tutor per ogni classe, ai quali affidare quei sei-nove alunni che necessitano di un simile intervento.

Un’ora al giorno di tutoraggio per singolo alunno, su cinque giorni settimanali, a cui si aggiungano tre ore di tutoraggio collettivo del gruppo di tre, in tutto diciotto ore settimanali, come una cattedra completa. Se si stima nel 20% la cifra di alunni della scuola secondaria di secondo grado che può essere coinvolta da tale misura, cioè circa 500 mila studenti, si avrebbero intorno alle 170 mila unità di docenti coinvolte, con un costo per lo stato di 600 milioni di euro per due mesi in cui tale azione si potrebbe svolgere (aprile e maggio 2021).

Alfredo Imbellone Docente di Matematica presso IIS Giosuè Carducci