Abbattere le barriere

Un’aula rubata a un’ex scuola elementare (vuota per assenza di iscritti), il tempo terribile e le finestre sul cortile buio che non concedono un solo raggio di sole. Non abbastanza per demolire le buone intenzioni di un giovane insegnante che vuole sostenere gli animi e creare un po’ di cameratismo. Jeans, maglietta e volto imberbe rendono evidente la vicinanza anagrafica; lo studio e la ricerca ossessiva di materiali accattivanti, invece, dovrebbero dimostrare che davanti hanno un alleato.

Lasciata alle spalle la cattedra, cerco di infiltrarmi in mezzo ai varchi tra le file perfette, tra i ranghi serrati dei banchi. Fare lezione davanti a una falange oplitica scoraggerebbe anche il più corazzato degli insegnanti, ma riesco a rompere le righe, facendomi qualche alleato e dimostrando che non c’è conflitto, ma opportunità!

Tutorato, tutoraggio, tutoring… l’abbiamo chiamato in tutti i modi, ma queste brutte parole significano semplicemente “aiuto”, ed è saggio deporre le armi, se si vuole arrivare fino in fondo.

La strategia funziona, le settimane che passiamo a parlare di Retorica scorrono piuttosto fruttuose, ma con l’avvicinarsi del test riaffiorano le tensioni, serpeggia l’idea che da soli si fa meglio e prima, e all’ultima lezione arriviamo decimati. Per l’ultima lezione ci troviamo in una piccola aula nel plesso centrale dell’università, le sedie sono sparse e possiamo sederci in cerchio uno di fronte all’altro, senza barriere. Qualcuno ha capito che siamo un gruppo che lavora per lo stesso fine, qualcun’altro, ancora, si aggiusta sulla sedia e cerca un riparo. Forse, pensa, si starebbe meglio in trincea.

Matteo Piras