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Pinocchio 2.0, le storie inventate per bambine/i: Il polpo ballerino

Pubblicato il: 08/11/2012 10:40:51 -


Nell’ambito del progetto Pinocchio 2.0, è stato chiesto a mamme, papà, sorelle, fratelli, zie, zii, nonne e nonni, amici di inventare brevi storie e poesie che poi vengono lette in classe dalle maestre e illustrate da bambine e bambini della scuola dell’infanzia di Latina e da quelli che fanno parte della rete di progetto. Ecco la storia inventata da Anna Letizia Galasso.
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C’era una volta, in un piccolo paese di mare, un pescatore che abitava in una piccola ma splendida casetta in riva al mare. Dietro di essa un piccolo bosco, con alberi bassi e larghi, i cui rami si allungavano fino a metà spiaggia quasi a voler toccare l’acqua. Non si riusciva a distinguere dove finisse la terra e iniziasse la sabbia, sembrava che tutto fosse amalgamato in un unico paesaggio incantato. In primavera, poi, un tappeto di fiori, tipici di quel paesaggio, offriva un profumo intenso e ingioiellavano quel panorama tanto da renderlo simile ad un quadro d’autore. Il cinguettio degli uccelli, il delicato rumore delle onde, la luce che filtrava attraverso la vegetazione e l’acqua del fiume che scorreva poco distante davano una tranquillità, una pace che sembrava al pescatore di far parte di questo angolo incantato dell’universo.
Solfal – questo era il nome del pescatore – viveva tranquillamente le sue giornate. Si alzava abbastanza presto la mattina, perché la sua sveglia erano i raggi del sole che filtravano attraverso gli scuri della finestra e quando il cielo incominciava ad illuminarsi della luce del giorno, un chiasso di cinguettio era il campanello naturale della sua sveglia. Solo poco dopo prestava attenzione al rumore delle onde per carpire se il mare fosse agitato o calmo. Piano piano, alzandosi dava corpo alla giornata, facendo colazione e preparandosi ad andare a pesca come era sua abitudine fare; del resto, doveva pur mangiare e poi andava a vendere il pesce nel piccolo paesino non distante da dove abitava.

Tutti i giorni uguali. Solfal non si lamentava della sua vita ma gli sembrava un po’ monotona, senza grandi emozioni, senza novità, senza qualcosa che potesse colorare la giornata in modo diverso dagli altri giorni. Però era contento lo stesso. Stava bene, viveva in un posto ameno, il mare, la natura, gli animali erano la sua famiglia e lui si sentiva amato e non aveva bisogno di nulla. Forse pensava “…quello che mi manca sono degli amici e una compagna per la vita”. In effetti lui viveva solo e adesso che non era più un ragazzino avvertiva il bisogno di crearsi una famiglia, avere dei figli, condividere con persone che amava le piccole grandi cose che aveva. Ma era dura la vita del pescatore, prima con suo padre, che lo svegliava alle quattro del mattino per andare a pesca, quando non era addirittura impegnato per l’intera notte, ritornando esausto alle prime luci del giorno, con la sola voglia di buttarsi a letto e dormire, dormire, dormire; poi da solo, una volta persi i suoi genitori e l’unico fratello che era partito per l’estero, doveva badare a se stesso e pensare un po’ a tutto. Per tutto questo non aveva mai trovato il tempo di andare in paese, stare assieme agli altri, conoscere delle persone nuove e, chissà, anche trovare l’anima gemella. Ma Solfal, del resto, era anche molto timido. Si vergognava di parlare, di farsi vedere in compagnia; non riusciva a comunicare, gli mancavano le parole, non sapeva cosa dire e temeva che ogni sua frase fosse fuori posto o priva di interesse per gli altri. Figuriamoci con le ragazze. Temeva di fare sempre una brutta figura. Perciò se ne stava solo solo nella sua piccola ma splendida casetta in riva al mare. Allora, quel giorno Solfal prese la sua barca, come al solito la spinse nelle calme acque del mare e, attrezzato di tutto quello che gli occorreva, vi salì sopra a caccia di pesci. Buttò giù la lenza con l’esca e tranquillamente attese che il filo vibrasse per tirare su con uno strappo deciso e veloce la preda. Così come sempre si accingeva a svolgere il suo ruolo di pescatore, quando la lenza incominciò ad agitarsi velocemente. Immediatamente Solfal cercò di tirare su ma il peso era veramente notevole. A più riprese tentò con forza di portare a galla il pesce ma era come se una forza – come fosse una calamita – non solo gli resisteva ma tentava addirittura di trascinarlo in acqua.
“Ma cosa avrò mai pescato?” penso tra sé e sé. Tira tira tira quando ad un certo punto, aggrappato al filo come fosse una pianta d’edera con tutti i suoi sottili e forti rami, c’era un polpo. I suoi occhi grandi spalancati, vispi e spaventati guardavano fisso il pescatore che, meravigliato di aver preso una simile mollusco, incominciò a pregustare uno squisito sughetto per la cena.

Ma la sorpresa più grande avvenne quando una volta adagiato il polpo sulla barca, questi incominciò a parlare. Allora veramente Solfal venne assalito non solo da un’enorme sorpresa ma si scoprì anche un po’ spaventato. In tutta la sua vita non gli era mai capitato di aver sentito parlare un polpo. Gli animali – è vero – emettono versi, suoni quanto più particolari e sensibili e diversi ma sentire parlare un animale con il linguaggio umano non gli era proprio mai capitato. Questa volta i suoi occhi erano più spalancati di quelli del polpo e lo guardava impietrito come se da quel momento in poi si aspettasse chissà quale altra sorpresa. Il polpo una volta ripresosi dal dolore di aver abboccato all’amo, si disinnescò, si adagiò elegantemente con i suoi tentacoli, prese fiato e quasi assumendo una posizione minacciosa incominciò a dire:
– Ma insomma non è possibile neppure fare una passeggiata in fondo al mare in tranquillità che si incontrano malintenzionati… mi hai proprio fatto male, ma tu chi sei e cosa fai fuori dell’acqua?
– Io sono un pescatore e faccio il mio mestiere, pesco i pesci. Ma tu come fai a parlare? Io non ho mai sentito parlare un animale e tanto meno un polpo!
– Caro amico, tutti hanno un linguaggio: gli uomini, i fiori, gli animali, le stesse pietre, la terra, l’aria, l’intero universo. È sufficiente sapere ascoltare e ci si accorge di quante parole, di quante frasi, di quanti suoni ci sono in giro. Non c’hai mai provato? Io mi sono semplicemente sforzato di parlare la tua lingua per non finire nella tua padella. “La necessità fa virtù”…. dite voi umani!

Solfal continuò a rimanere immobile, fissava quell’animale quasi si trattasse di extraterrestre però le sue parole lo avevano in qualche modo colpito, affascinato. Poter parlare con tutto ciò che lo circondava lo incuriosiva e gli trasmetteva una sensazione di quiete, di non sentirsi poi tanto solo… e poi del resto non desiderava ogni giorno che potesse accadere qualcosa di unico e particolare nella giornata, da renderla diversa delle altre? Ecco: si era presentata l’occasione. E che occasione!
Decise perciò di non porsi tanti problemi nel chiedersi se quello che gli stava capitando fosse più o meno normale: voleva scoprire, voleva conoscere, voleva vedere fino a che punto questa strana esperienza sarebbe arrivava. Si sedette su una panca della barca e guardando il polpo in quei grossi occhioni sporgenti, si accorse che quello sguardo emanava una luce particolare che lo colpiva: sembrava umano. Prese così coraggio e si rivolse al polpo dicendo:
– Scusami, io non volevo farti male, non pensavo proprio di pescare te, come ti ho detto sono un pescatore e i pesci sono la mia ricchezza. Vivo di questo mestiere. Ma dimmi, come fai tu a conoscere il mio linguaggio e chi sei veramente?
– Io sono un polpo, tutti mi chiamano Saltex. Come ti ho già detto il mio linguaggio lo comprende solo chi ha la disponibilità di ascoltare, di sentire e di comprendere le mie parole. Tu sei una persona molto sensibile e buona, ami la natura, adori il tuo mare, gioisci delle bellezze della natura e ti lasci trasportare dai suoni che ogni essere vivente emette con la voce del cuore e la gioia di vivere. Ogni creatura sulla terra ha un suo linguaggio. Io so che molte volte ti rivolgi agli uccellini che si posano sul davanzale della tua finestra che saluti al sorgere del sole, con l’entusiasmo che un nuovo giorno sta per iniziare e con la speranza che possa regalarti delle buone novità, tu ascolti l’acqua del ruscello che scorre dietro la tua casa e l’accarezzi bagnandoti nelle sue fredde ma accoglienti gocce; ti congratuli con gli alberi che hanno messo le prime gemme, con i fiori che ti regalono il loro profumo, con la pioggia che disseta la natura, con il vento che emette le sue melodie.

Il pescatore stette a sentire a bocca spalancata le parole del polpo che gli sembravano non solo molto vere ma soprattutto molto poetiche. In effetti lui si sentiva in armonia con la natura, in simbiosi con tutte le creature del creato con le quali realmente parlava e si considerava un uomo felice anche se avrebbe voluto condividere questa gioia con una compagna che potesse essergli vicino per tutta la vita. Così incuriosito si rivolse al polpo chiedendogli:
– Ma tu sei felice di vivere nelle acque del mare? Non hai paura che qualche altro pesce grosso ti possa divorare?
Ma il polpo muovendosi con i suoi tentacoli come fossero delle lunghe braccia lo accarezzò delicatamente e rispose:
– Mio caro amico la vita ci riserva sempre dei pericoli: l’importante è non spaventarsi e cercare di evitarli. Io, ad esempio mi tutelo quando mi accorgo di un pericolo: getto e il mio nero, di cui son provvisto, che mi permette di tingere le acque e di approfittare per scappare. Come vedi ognuno ha una via di uscita e un modo per mettersi in salvo. L’importante è riconoscere le doti che abbiamo, pensare di non avere nemici e di instaurare con tutti un rapporto di amicizia e di fiducia. A rafforzare questa mia teoria e per convincerti che non tutti sono dei nostri avversari, ti invito a scendere con me in fondo al mare e vedrai quante meraviglie esso riserva e quanti amici ci sono . Anzi sei invitato ad una festa di compleanno di un mio carissimo compagno: l’ippocampo, che voi conoscete come cavalluccio marino.

Il pescatore incuriosito accettò la proposta: chiuse la sua casetta, ripose la barca a riva e, presi la maschera, il boccaglio e le pinne, scese con il polpo in fondo al mare. Nuotarono assieme, fino a giungere nei pressi di una grotta ricoperta da preziosi e incantevoli coralli di vari colori, di alghe che si muovevano come piume mosse dal vento e da un’infinità di pesciolini che liberi e gioiosi si rincorrevano e giocavano a mosca-cieca. Era uno spettacolo meraviglioso, un mondo incantato! All’entrata della grotta c’erano due grandi tartarughe a guardia dei malintenzionati, tutt’intorno c’era una vegetazione marina che sembrava di sfogliare un gran libro di botanica e la sabbia faceva da tappeto morbido e ondulato quasi volesse creare una piccola scala d’ingresso. Nella grotta c’erano un’infinità di pesci grandi e piccoli: tutti cantavano e ballavano facendo girotondo attorno al cavalluccio marino che vanitosamente si gustava la sua festa.
Quanti amici e che atmosfera di allegria! Quando videro entrare Solfal tutti rimasero un po’ stupiti ma il polpo spiegò che si trattava di un amico, che era curioso di conoscere il fondo marino e che amava il mare. Ben presto fecero amicizia e il pescatore si vide circondato da tantissimi pesci che lo invitarono a ballare, a mangiare e ad unirsi ai loro giochi. La murena incominciò a fare delle capriole acrobatiche, le attinie si posavano sui pesci più grandi da farli sembrare incoronati, i calamari si accinsero ad eseguire una gara di corsa e premiare il vincitore e il polpo Saltex assieme alla compagna del cuore iniziarono ad esibirsi in una danza che fece rimanere il pescatore a bocca aperta. I loro tentacoli muovendosi alle note delle onde sembrano dei sottili nastri che si agitavano avvolgendosi tra di loro e creando delle figura che ogni volta assumevano forme diverse. Che meraviglia! Che splendore! Che serenità e che divertimento! Anche il pescatore ad un certo punto si mise a ballare, lasciandosi trascinare da quell’atmosfera di festa e spensieratezza.

Alla fine della giornata, quando le acque del mare incominciavano a diventare scure, stanco ma felice, il pescatore salutò i suoi amici, li ringraziò con affetto della bellissima giornata e di quella della meravigliosa esperienza e risalì piano piano in superficie.
Entrò nella sua casetta che trovò più accogliente che mai e, coricatosi con la finestra aperta, incominciò a guardare il cielo stellato. Aveva la sensazione che gli astri gli stessero parlando, che la luna ridesse compiaciuta dello stupore che aveva animato la sua giornata. In realtà Solfal si sentiva leggermente cambiato: quanto gli era capitato lo aveva fatto riflettere sui rapporti non solo con la natura ma con gli uomini e con tutto ciò che lo circondava. Si può, veramente, essere tutti amici se solo lo si desidera. Si può godere delle bellezza della vita e si può vivere in armonia. Quell’armonia che ti porta a essere grande e forte anche nei momenti più difficili della vita. Non si è mai soli.
Solfal si addormentò lasciandosi cullare da quei dolci pensieri e dai delicati rumori della notte.

(Disegno di Celeste Arrus, anni 5)

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Anna Letizia Galasso

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